Napoli, arriva la scossa del Colle
«Ma rischiamo altre vittime innocenti»

Napoli, arriva la scossa del Colle «Ma rischiamo altre vittime innocenti»
di Daniela De Crescenzo
Domenica 14 Aprile 2019, 11:39 - Ultimo agg. 12:54
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«L'arrivo del presidente Mattarella alla Sanità è un riconoscimento importante per l'impegno di tutti quelli che, a cominciare dai giovani, si sono dati da fare per dare un nuovo volto al Quartiere. Da noi, dopo la morte mio figlio Genny, qualcosa è veramente cambiato. Ma in periferia si continua ad ammazzare, al Rione Villa hanno fatto un agguato davanti a un asilo, mostrando un disprezzo assoluto per la vita di quei bambini e di quelle mamme. E se si continua a sparare prima o poi muoiono altri innocenti». Antonio Cesarano, il padre del ragazzino ammazzato il 6 settembre del 2015, ha incontrato il Presidente della Repubblica insieme ai rappresentanti delle associazioni del terzo settore che si battono per restituire alla vita civile una città violentata dalla delinquenza, dopo che il capo dello Stato si era fermato davanti al monumento del figlio.
 



Antonio, lei ha visto il Presidente, cosa gli ha detto?
«L'ho ringraziato di essere venuto alla Sanità. Il suo è un segnale importante, anche perché è necessario tenere la guardia sempre più alta su questi territori. Mattarella ha voluto dare forza al riscatto del quartiere. È stato come dire Bravi ai ragazzi che si sono impegnati in questi anni. Se è venuto alla Sanità è perché qualcosa sta cambiando e molto deve ancora cambiare».

Il modello Sanità, dunque, funziona?
«Certo, e può essere di esempio per molti altri. Adesso, ad esempio, lo stiamo esportando anche a Forcella, e spero che possa funzionare anche in altri quartieri. Per me e per la mia famiglia questo vuole dire che la morte di Genny non è stata inutile...».

La rinascita, dunque, parte dalla Sanità?
«Da noi sono successe cose importanti perché abbiamo saputo reagire. Noi gente normale ce l'abbiamo messa tutta e abbiamo ottenuto molto. Ma in periferia si spara ancora in mezzo ai bambini. Un agguato come quello di qualche giorno fa, davanti a un asilo, è un enorme provocazione, un affronto intollerabile, per quelle madri e per tutti noi. È come dire: di voi mamme, di voi padri, dei vostri figli, non ci interessa nulla, noi facciamo quello che vogliamo, dove vogliamo e quando vogliamo. Dobbiamo fermarli. Subito. Se non si reagisce, se non si fermano questi malviventi prima o poi ci scappa un altro morto, un'altra vittima innocente come mio figlio».

Una previsione drammatica.
«No, solo realistica. Non deve essere necessario che muoia un ragazzo per cambiare strada. Io sono un semplice cittadino e non so chi possa evitare tutto questo, ma qualcosa bisogna fare. A Barra San Giovanni sta succedendo quello che è già successo da noi. Dopo la morte di mio figlio, lo Stato ha mostrato di esserci, adesso bisogna giocare d'anticipo».

Quando è morto Genny spararono nel mucchio?
«Peggio. Erano venuti a cercare qualcuno che non trovarono e decisero di puntare le armi addosso ai ragazzi per far fuori comunque qualcuno per dare una lezione ai rivali. Io non ho mancato una seduta del processo e posso dirlo: non hanno sparato in aria, hanno sparato per uccidere. E questo non si può accettare. Finiscono da una parte e cominciano dall'altra».

Eppure in un primo momento gli inquirenti sospettassero che Genny fosse la vittima predestinata dell'agguato...
«Sì, e questo è stato un dolore nel dolore. La presenza del presidente Mattarella è l'ennesimo riconoscimento del fatto che mio figlio era un bravo ragazzo, un ragazzo qualunque: la manifestazione di ieri è stato un altro modo di ribadire all'altro pezzo di città che Genny con la camorra non c'entrava. E questo è stato importante anche per me che in questi quattro anni mi sono impegnato per ottenere giustizia».

Adesso un pentito dice che ci furono altri due killer oltre a quelli già individuati.
«Sì, e la prima udienza del processo di appello ha visto un rinvio perché i magistrati vogliono sentire il pentito. Anche in quella sede sta venendo fuori tutta la verità e si stanno facendo tutti i nomi».

Cosa si aspetta dal processo di appello?
«Ancora una sentenza giusta che sia un messaggio alla città. Tutti devono capire il danno enorme che hanno provocato quei delinquenti uccidendo Genny: la sofferenza della mia famiglia non si può riparare, mia moglie trova consolazione solo nella fede, ma dall'aula del tribunale mi auguro che arrivi ancora un altro messaggio alla città».
 

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