Napoli, detenuto muore in ospedale, è giallo. I familiari: mai avvertiti del ricovero

Napoli, detenuto muore in ospedale, è giallo. I familiari: mai avvertiti del ricovero
di Carmen Fusco
Venerdì 15 Gennaio 2021, 09:35 - Ultimo agg. 12:58
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Era rinchiuso nel carcere di Poggioreale dove avrebbe dovuto scontare un anno e mezzo di reclusione per aver guidato senza patente e in stato di ebbrezza. È morto il 4 gennaio dopo un ricovero di 8 giorni all'ospedale Cardarelli di Napoli, ma nessuno ha avvertito i suoi familiari che per giunta un'ora prima della sua morte hanno ricevuto una chiamata dall'istituto di pena che li informava della sua scarcerazione. L'ultima volta che lo hanno visto vivo è stato ad agosto, prima che entrasse in una cella. Adesso i parenti attendono di vederne il cadavere che si trova all'obitorio del Policlinico di Napoli in attesa di un'autopsia che dovrebbe tenersi proprio oggi. A disporla è stata l'autorità giudiziaria dopo la denuncia dell'accaduto. È mistero infatti sulla morte e sulla sorte toccata a Giuseppe Di Lorenzo, 50 anni, di Nola. Conosciutissimo in città per il suo carattere allegro e le sue trovate goliardiche questa volta ha fatto di nuovo parlare di sè, ma per un giallo che adesso i familiari vogliono a tutti i costi risolvere. Per la numerosissima famiglia parla Ramona Di Lorenzo, sua nipote. La ragazza non sa darsi pace e chiede di conoscere tutta la verità sulle cause della morte di Giuseppe, per tutti Peppe o ritratt.

«Perché nessuno ci ha detto che mio zio stava male e soprattutto che era stato trasferito in ospedale dove è morto senza nemmeno il nostro conforto? Avrà pensato che lo avevamo abbandonato e invece noi non ne sapevamo nulla». Fin qui le accuse della famiglia, compresa l'anziana madre che ha mille acciacchi, ma rifiuta il ricovero perché vuole dare l'ultimo bacio a suo figlio. Si cercano risposte nell'attesa di un'inchiesta scattata con la denuncia del legale di Di Lorenzo. L'avvocato Michele Russo ha chiesto il sequestro delle cartelle cliniche dell'uomo. Ma non è solo questo a destare dubbi sulla fine di una persona che, come riferiscono i parenti, era anche affetta da Hiv.

Sono le sequenze raccontate tutte d'un fiato da Ramona che aggiungono rabbia al dolore dei familiari. «Abbiamo sentito zio Peppe il 27 dicembre era come al solito tranquillo e non ha fatto minimamente accenno a problemi di salute, anzi ci ha spiegato che stava lavorando come spazzino e che rimuoveva anche i sacchi dei rifiuti dal padiglione in cui era stato recluso. Era contento perché veniva pagato, anche se sperava sempre di poter scontare il resto della sua condanna dentro una comunità così come richiesto dall'avvocato».

Ma il giorno dopo Peppe finisce in ospedale. «Il 4 gennaio - riprende Ramona - mia nonna riceve una telefonata dal carcere: le dicono che suo figlio è stato scarcerato. Immagini la gioia, durata, però, pochissimo. Alle 17 a chiamarci è stato il nostro avvocato: dal Cardarelli lo avevano avvisato della morte di mio zio. Perchè l'avvocato e non noi e soprattutto perchè non ci hanno avvisato del suo ricovero? Dal Cardarelli ci è stato solo riferito che è arrivato in stato soporifero». Troppo poco per una famiglia che non riesce a trovare risposte alle tante domande ormai diventate un tormento. Una su tutte: «Perchè proprio nel giorno della morte di Giuseppe Di Lorenzo arriva un'ordinanza di differimento provvisorio di esecuzione di pena? Cosa è successo negli ultimi giorni della sua vita?».

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