Napoli, il raid al Vasto: «Sparavano
nel mucchio, potevano ammazzarci»

Napoli, il raid al Vasto: «Sparavano nel mucchio, potevano ammazzarci»
di Leandro Del Gaudio
Domenica 5 Agosto 2018, 15:25 - Ultimo agg. 17:11
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Hanno confermato la sensazione della prima ora e hanno ribadito un concetto: «Hanno sparato contro di noi, potevano ucciderci, potevamo essere ammazzati. Abbiamo avuto la fortuna di notare il loro arrivo, di capire il momento di pericolo sin dai primissimi istanti, tanto che siamo riusciti a farci scudo delle auto. Hanno sparato nel mucchio, potevano ammazzarci». È questa la sintesi della versione fornita dai due amici di Cissé Elhadji Diebel, il 32enne senegalese ferito alle gambe giovedì notte al Vasto. Ieri mattina, i due testimoni sono stati ascoltati per la seconda volta dalla polizia, confermando impressioni e particolari della primissima ora. Si tratta di due immigrati senegalesi, entrambi ancora turbati per quanto vissuto all'angolo tra via Venezia e via Milano. Ed è proprio grazie alla loro ricostruzione che vengono confermati alcuni tasselli del raid notturno avvenuto a pochi passi dalla stazione centrale: erano in due, due «bianchi» in sella a uno scooter, erano armati e hanno sparato nel mucchio.

IL QUARTO UOMO
E non è tutto. C'è un secondo aspetto da tenere in considerazione: è il giallo di un altro immigrato preso di mira, come denunciato da un connazionale tramite facebook, un altro potenziale bersaglio mobile - un quarto uomo - capace di schivare le pallottole e scappare da quella sorta di inferno metropolitano. Scenario su cui sono al lavoro gli inquirenti, guidati dal capo della Mobile Luigi Rinella e dal capo della Digos Francesco Licheri, nel tentativo di mettere a fuoco movente e responsabilità dell'agguato. Un episodio misterioso che potrebbe avere una connotazione razziale, dal momento che è stato messo a segno in uno spaccato metropolitano - il Vasto - diventato teatro di insofferenza per un'immigrazione incontrollata e abusiva, spesso dedita a ogni genere di reati.
Ma torniamo al racconto fornito dai due amici di Cissé Elhadji Diebel: gli spari nel mucchio senza articolare alcuna frase, senza dire una parola. Due le piste battute. Al lavoro il pm Raffaele Tufano, sotto lo stretto coordinamento dei procuratori aggiunti Rosa Volpe e Nunzio Fragliasso. Si va dal movente razziale alla storia delle estorsioni a tappeto nella zona della Duchesca e della Maddalena.

I PRECEDENTI
Due piste che vanno calate in un contesto ancora più complesso, come ha chiarito il questore Antonio De Iesu: «Indaghiamo a 360 gradi», ha chiarito il primo inquilino di via Medina. Ma torniamo allo scenario di insofferenza nei confronti degli immigrati. Uno spaccato di strade tra corso Novara e corso Garibaldi, da mesi c'è tensione nei confronti di migliaia di immigrati, per lo più di origine africana, che vivono da queste parti. Non sono tutti regolari, non tutti vivono di attività lecite. Negli ultimi mesi si sono consumati litigi tra immigrati, alimentando quel senso di insicurezza in seno agli italiani che vivono in zona. Uno scenario di degrado che provoca rabbia contro gli immigrati, a loro volta compatti nel difendere i propri avamposti. Ed è in questo contesto che sono stati consumati episodi allarmanti: un anno fa, fu la camorra a prendere di mira alcuni senegalesi che si erano rifiutati di pagare il pizzo per la vendita delle loro merci tra le bancarelle della Maddalena (agguato nel corso del quale venne ferita una bimba napoletana a un piede), mentre appena due mesi fa, in zona Rettifilo, un immigrato di colore venne ferito da colpi di piombini esplosi da un fucile ad aria compressa.

Giovedì scorso, una sorta di «stesa» contro un gruppetto di immigrati, in un copione che sembrava annunciato: con l'escalation di violenza a metà strada tra strane forme di emulazione e rabbia di sapore razziale.

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