Incidenti mortali a Napoli, la mamma di Elvira: «Mia figlia uccisa invano»

Travolta sul lungomare, processo al via

Alba Pazzi
Alba Pazzi
di Melina Chiapparino
Venerdì 26 Gennaio 2024, 10:10
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Nell'aula per la prima udienza del processo per l'omicidio di Elvira Zriba, sua madre Alba Pazzi non c'era. A darle notizia del rinvio giudiziario sono stati l'ex fidanzato della 34enne, Carlo Senese, e la sorella di Alba, Patrizia, entrambi sempre al fianco della donna e presenti in tribunale per chiedere "giustizia e una punizione esemplare" (assistite dall'avvocato Giuseppe Catalano). La 57enne napoletana, ieri mattina, è rimasta in casa, perchè "molto provata emotivamente e psicologicamente" come racconta a Il Mattino.

Alba è stato meglio non andare in tribunale?
«Non avevo la forza.

Sono distrutta dal dolore e sto seguendo un percorso di terapia psicologica per poter andare avanti. Non sapevo come avrei potuto reagire a ciò che sarebbe accaduto in aula e, onestamente, non so neanche cosa avrei fatto se fossi stata lì di fronte alla decisione del rinvio. Potrei avere reazioni inaspettate, cerco di mantenere un equilibrio».

Cosa pensa del rinvio e del rito abbreviato?
«Voglio rimanere fiduciosa ma non posso nascondere che la procedura del rito abbreviato mi preoccupa molto. Potrebbe significare una punizione più contenuta, magari senza la detenzione e per me è inaccettabile. Ho vissuto questo con Mustafà, il fratello di Elvira, investito otto mesi prima di lei mentre era in bici, a Pianura. In questo caso, la condanna è stata di poco più di tre anni e non so neanche se li farà in carcere».

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Lei però ha sempre detto che non prova odio.
«Non provo odio per nessuno e questo riguarda anche il centauro che ha investito mia figlia. Ho saputo che ieri ha cercato di avvicinare i miei familiari, forse per scusarsi. È inutile qualsiasi avvicinamento. Non lo odio ma non potrò mai perdonarlo perchè mia figlia è sotto terra».

La sua richiesta di giustizia e verità non è solo per sua figlia.
«Ormai vivo per questo. Chiedo giustizia e verità per Elvira perchè non si può considerare incidente l'uccisione di una persona che è dipesa dalla scelta di un centauro di correre ad altissima velocità su una strada in centro città. Al posto di mia figlia ci sarebbe potuto essere chiunque, per questo la battaglia per la sicurezza stradale non riguarda solo ciò che mi è accaduto personalmente».

Dalla morte di Elvira ci sono stati altri 15 pedoni investiti mortalmente, non c'è sicurezza stradale?
«Il mio pensiero va a tutti, anche a quel ragazzo che, qualche giorno fa, è stato investito su corso Garibaldi. Spero possa riprendersi presto. Non è normale avere un numero così alto di uccisioni in strada e Napoli avrebbe bisogno di maggiori controlli delle forze dell'ordine, blocchi stradali e presidi di sicurezza come dossi e attraversamenti pedonali rialzati in tutti i quartieri».

Su chi può contare in questo momento?
«La mia vita è cambiata. Mia sorella Patrizia che viveva fuori Napoli si è trasferita per stare con me. Mi segue in tutto ed è sempre presente anche Carlo che la sera della tragedia di Elvira stava organizzando con lei i festeggiamenti per il loro anniversario di fidanzamento. Cerco di farmi forza con il loro amore ma non sento più di vivere la mia vita. Ad eccezione dei familiari mi sento abbandonata».

Da chi si sente abbandonata?
«Dal Comune. Mi avevano promesso che sarebbe stata dedicata una piazzetta ad Elvira ma non è mai stato fatto. Non sono riuscita a incontrare il sindaco Manfredi. L'unico aiuto che avevo chiesto riguardava una casa popolare dal momento che mia figlia mi aiutava economicamente e ora non ho più nulla».

Il suo appello.
«Chiedo ai giudici di mettersi nei panni. Non so se hanno figli ma mi auguro che valuteranno la sofferenza di noi genitori di omicidi stradali».
 

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