I muri di Napoli hanno sempre parlato più che in altre città. Il centro storico è ricco di arte e immagini commemorative: da Maradona, Troisi e Pino Daniele, ai messaggi contro la violenza e la guerra.
A San Pietro a Majella ora la denuncia si fa più cruda. Sono comparsi sul muro che costeggia l'omonima chiesa tre grandi iPhone che mostrano delle conversazioni Whatsapp. Sono tante le persone che si fermano, osservano, scuotono la testa inorriditi e vanno via.
Una giovane si avvicina, fa una foto e mormora: «Siamo stanche».
A lavoro
Le prime due immagini denunciano un'unica conversazione con un datore di lavoro. Lo si evince quando la giovane scrive: «Domani posso passare in ufficio per l'assunzione?». L'uomo, però, sembra solo interessato al suo outfit, e nonostante lei scriva che «questi complimenti mi imbarazzano», lui le risponde di presentarsi a lavoro «senza mutandine».
Davanti allo stupore della giovane, l'uomo prosegue come fosse nulla: «Voglio poggiartelo sul culo quando ti giri mi fai impazzire. Stasera passo per il negozio e ti faccio capire meglio».
A scuola guida
L'ultima conversazione mostra i messaggi tra una giovane (non è certo sia la stessa della prima chat, magari sono più donne a denunciare) e un'istruttore di scuola guida. L'uomo insiste nel voler incontrare la giovane che «sono solo qui per imparare». Ma lui non si arrende: «ti farei sentire cose che i tuoi coetanei non riuscirebbero, non avrebbero certe capacità, ti farò provare emozioni diverse, ti darò parte di me».
Napoli denuncia
Sono anonime proteste esposte sotto gli occhi di tutti i cittadini napoletani e non solo. Sono la rabbia delle giovani donne che non vogliono più sottostare alla diseducazione emotiva, all'incapacità di accettare un rifiuto e alla mascolinità tossica.