«Napoli a rischio maxi voragini, nove chiese sono in pericolo»

«Napoli a rischio maxi voragini, nove chiese sono in pericolo»
di Paolo Barbuto
Mercoledì 19 Maggio 2021, 00:11 - Ultimo agg. 18:11
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Il titolo della pubblicazione non lascia spazio a interpretazioni, “Gli sprofondamenti che minacciano i luoghi di culto nel centro storico di Napoli” che in realtà è in inglese e suona così “Sinkholes threatening places of worship in the historic center of Naples”: si tratta di uno studio presentato da sei docenti della Federico II, accettato da un’importante rivista internazionale, nel quale si analizzano i rischi di cedimenti del sottosuolo. Lo studio si conclude con un elenco di nove chiese da tenere sotto stretto controllo per evitare che, d’improvviso, possano essere inghiottite da una voragine.

Il documento è stato pubblicato a ottobre del 2020 ma è tornato prepotentemente di attualità in seguito allo sprofondamento della Sanità: l’articolo spiega in maniera lineare e plateale che eventi come quello dell’altro giorno, a Napoli potrebbero verificarsi ovunque, in maniera improvvisa e imprevista.

Anzi, adesso non più imprevista, perché i sei professori della Federico II (il dettaglio con i nomi e i dipartimenti di appartenenza lo potete leggere nel box in questa stessa pagina) hanno spiegato con lampante chiarezza che il pericolo può essere dietro l’angolo e per scongiurarlo è necessario prestare costante e intensa attenzione.


Lo studio parte dal presupposto che a Napoli, fra il 1870 e il 2010, si sono verificati almeno 190 casi di sprofondamenti improvvisi, molti dei quali hanno causato vittime; l’analisi nasce proprio dalla necessità di prevenire eventi drammatici del genere in futuro e si concentra sulle chiese perché, spiegano gli autori, si tratta di luoghi costantemente frequentati sia dai fedeli che dai turisti, quindi particolarmente affollati.

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L’avvicinamento alla specifica materia è stato metodico e puntuale. Tutto è iniziato utilizzando i rilievi già esistenti sulle cavità napoletane, poi sono state identificate quelle che insistono sotto le chiese e in seguito è scesa in campo la tecnologia per comprendere quel che sta accadendo a Napoli.

Sono state identificate quattro aree di possibile rischio: la numero uno è pari a zero, la numero 4 prevede emergenza immediata. In quest’ultimo elenco sono finite le nove chiese i cui nomi vedete pubblicati al centro di questa pagina. A dire la verità nel novero degli edifici sacri a rischio sono entrati in totale cento nomi. Si tratta di chiese diffuse sull’intero territorio cittadino: 34 di queste rientrano nella fascia di rischio numero 2, quella che ipotizza il rischio di lievi cedimenti; 57 sono in fascia 3 che ipotizza il possibile collassamento, in futuro, di una cavità sottostante; per le restanti nove, invece, si segnala una deformazione in corso che potrebbe portare a collassi. Insomma, qualcosa sotto quelle chiese si ata attualmente muovendo, ecco perché c’è fretta di intervenire.

Per scoprire i “movimenti” del terreno al di sotto delle chiese prese in esame, è stato utilizzato il meglio della tecnologia a disposizione. Le porzioni di città da “verificare” sono state divise in piccoli settori e per quei settori sono state recuperate tutte le immagini satellitari del progetto “Copernicus” dell’Agenzia Spaziale Europea, quelle immagini dettagliatissime sono state analizzate con il contributo di un software sviluppato dagli accademici spagnoli dell’Universitat Politecnica de Catalunya di Barcellona: l’analisi ha permesso di misurare variazioni di altezza degli edifici. L’allarme è scattato quando la misurazione ha identificato una variazione di almeno 0,3 centimetri l’anno. Quei valori sono stati superati in nove casi, anche in piazza del Plebiscito alla chiesa di San Francesco di Paola.

In conclusione, la ricerca dei sei studiosi napoletani, offre un suggerimento: «Quei nove luoghi hanno bisogno di una risposta rapida, orientata a definire il percorso di deformazione attraverso continui monitoraggi e analisi di stabilità specifiche. Sarebbe utile prevedere sistemi di allerta precoce per ridurre i rischi possibili».

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