Voragine al rione Sanità, nel mirino del pm gli affari illeciti nelle cave

Voragine al rione Sanità, nel mirino del pm gli affari illeciti nelle cave
di Giuliana Covella e Leandro Del Gaudio
Martedì 18 Maggio 2021, 08:00 - Ultimo agg. 20:08
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Soldi e prestanome, speculazione affaristica, omissioni, disastro. Denaro cash (poche centinaia di euro per qualche giorno di lavoro), per svuotare il corpo di Napoli, per sbancare una cava, spostare un muro portante, creare spazio. Già lo spazio. Oro, da queste parti, moneta contante per chi ha trasformato un buco antico - come quello delle cave di ex estrazione tufacea - in una formidabile occasione di arricchimento, magari sulla pelle di chi sta sopra, in superficie. È questa la traccia che sta animando le indagini della Procura di Napoli sul crollo di vico San Matteo a Miradois. Disastro colposo è la pista battuta in queste ore dalla Procura di Napoli, ci sono i primi potenziali risvolti: sotto inchiesta una donna, che risulta collegata alla compagine societaria che gestiva una autorimessa; e nella mattinata di ieri, sono stati convocati dinanzi all'autorità giudiziaria soci e titolari (magari anche di fatto) del garage, nel tentativo di ricostruire eventuali responsabilità del crollo. Inchiesta condotta dal pool coordinato dal procuratore aggiunto simona di monte, si scava (nel senso letterale del termine) per capire cosa sia accaduto. 

A leggere le testimonianze raccolte in questi giorni da tempo era stata segnalata una situazione di pericolo.

Magari non in modo ufficiale, con una denuncia formale, ma il pericolo c'era tra la gente del posto: da due mesi scavavano di notte - hanno spiegato alcuni cittadini che oggi sono rimasti senza casa - pensavamo che fossero scosse di terremoto. E sono questi i punti su cui sono in corso le verifiche da parte degli inquirenti, anche alla luce dello stato dei luoghi trovato dagli uomini dei vigili del fuoco al di sotto della zona interessata dal crollo. Un intero camion era stato seppellito dalle macerie, dal crollo del terreno, facendo immaginare un intervento poco consono all'interno delle cave. C'è una ipotesi: quella dello sbancamento di una cava per ricavare più spazio in cui parcheggiare automobili, da sempre - in una zona congestionata come quella del centro storico - un canale privilegiato per chi ha interessi speculativi. Un intero mondo viene così passato al setaccio in queste ore, alla luce di testimonianze e atti a disposizione. Già gli atti, questione non secondaria, dal momento che sono il secondo buco di questa storia. Facile immaginare le domande: esisteva una dichiarazione di inizio lavori? C'era un documento (una scia) che attestasse l'apertura di un cantiere? E a che serviva quel cantiere? 

 

Intanto, continua il calvario per i 13 nuclei familiari senza un tetto. Spiegano al Mattino: «Dobbiamo avere una sistemazione, non viveri. Avevamo una casa e una vita dignitosa, ora non più». Annarita Marino è una delle più battagliere tra i condomini dello stabile al civico 5 di vicoletto San Marco a Miradois. Sin dalle prime ore i nuclei familiari diffidati dal rimanere nelle case dai vigili del fuoco hanno dovuto trovare soluzioni alternative: chi appoggiandosi da parenti, chi in istituti religiosi o strutture per anziani. Resta una sola certezza: 54 persone, tra cui minori, disabili e anziani non hanno più un tetto sulla testa. Tra i nuclei familiari anche una giovane mamma, costretta a sgomberare insieme a due figli: una neonata di appena 3 mesi e un bimbo disabile di 7 anni. In più si è aggiunto, come si suol dire, dopo il danno la beffa: ieri intorno alle 14 gli sfollati dovevano rientrare negli alloggi per poter recuperare il necessario, ma alla fine è stato vietato l'accesso per cautela. Da qui la rabbia dei residenti: «Abbiamo computer per lavorare, biancheria, vestiti che ci servono - tuona Annarita - In più sono rimasti in casa animali, di cui 8 gatti. Ci sono poi famiglie meno abbienti che stanno ricevendo viveri dalle associazioni». Alcuni inquilini hanno proposto inoltre al Comune di stipulare convenzioni con i B&B fermi da mesi per la pandemia, «perché non tutti possono essere trasferiti dalle suore o in case di riposo per anziani». 

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