Acqua e rifiuti, a Napoli stangata su commercio e imprese: «Zero incassi, tasse alte»

Acqua e rifiuti, a Napoli stangata su commercio e imprese: «Zero incassi, tasse alte»
di Valerio Iuliano
Venerdì 2 Aprile 2021, 08:05 - Ultimo agg. 18:36
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Da un lato una tassa per finanziare un servizio che resta inalterata, nonostante il servizio stesso non sia stato fornito dall’ente pubblico ai contribuenti. Dall’altro un canone a consumo, su consumi mai effettuati. La gestione della Tari, la tassa sui rifiuti, e quella delle tariffe idriche a Napoli sono due facce della stessa medaglia. Tanto per la spazzatura quanto per l’acqua, vengono addebitati ai cittadini costi largamente superiori a quelli previsti dalla logica più elementare. 

Sul fronte della Tari nel 2020, è scaturita, dal blocco delle attività economiche, una netta riduzione della quantità di rifiuti prodotta. Per buona parte delle attività commerciali, di fatto quasi azzerate dalla crisi, la mancata produzione di rifiuti avrebbe dovuto tradursi, secondo logica, nella cancellazione della tassa da parte dell’amministrazione comunale. La Tari, infatti, è un tributo con il quale i cittadini finanziano integralmente, secondo una legge del 2013, il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti, in base al principio di marca Ue “chi inquina paga”.

Un tributo in cambio di un servizio, in estrema sintesi. Ma la Tari per i commercianti è stata confermata anche per il 2020 e dal Comune sono pervenuti ancora gli avvisi di pagamento. Secondo i dati dell’Osservatorio Tasse Locali di Confcommercio, che ha redatto uno studio sulle tariffe pagate dalle imprese del terziario in tutti i Comuni capoluogo, a Napoli il costo della Tari per le aziende nel 2020 resta uno dei più elevati in Italia. Le tariffe sono variabili in base alle categorie produttive. Per i ristoranti, ad esempio, la Tari a Napoli ha un costo di 37,8 euro per mq. Per un locale di 1000 mq, quindi, si arriva dunque a 37800 euro. Una cifra insostenibile per un ristorante che nel 2020, a causa della pandemia, ha lavorato solo per pochi mesi. Gli esempi che riguardano altri esercizi commerciali sono altrettanto significativi. Per l’amministrazione comunale risulterà facile sostenere che i principi normativi della Tari sono regolati da una legge nazionale. Ma le tariffe sono differenti e la logica avrebbe suggerito una maggiore considerazione per gli esercizi commerciali fermati dal blocco delle attività. Anche perché, secondo Confcommercio, i servizi erogati a Napoli, sul fronte dei rifiuti, sono tra i più scadenti. «Quelli della Tari per le aziende chiuse - sottolinea il presidente nazionale di Confcommercio Carlo Sangalli - sono costi beffa. È una tassa per rifiuti mai prodotti». 

Per i canoni idrici, la questione è analoga. Molti commercianti napoletani hanno segnalato anomalie nelle tariffazioni applicate dall’azienda Abc, sostenendo che si tratterebbe di “tariffazioni illegittime”, secondo una sentenza dell’Antitrust. «Dopo la segnalazione, abbiamo inviato - spiega il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli - una comunicazione all’Ente Idrico Campano, la struttura regionale che regola tutte le aziende di fornitura idrica del territorio, che ci ha informato che è in via di completamento l’istruttoria per l’adeguamento dell’articolazione tariffaria».

Grazie a quest’ultima, per le utenze non domestiche, scatterebbe «l’applicazione delle tariffe in base ai volumi effettivamente consumati, eliminando definitivamente l’attuale modalità di fatturazione, cioè il “minimo impegnato”, che comporta per diverse utenze un pagamento molto superiore rispetto agli effettivi consumi.

In questo modo, i commercianti dovranno pagare solo per la quantità di acqua che effettivamente consumano beneficiando quindi di un notevole risparmio».

Il commissario di Abc Sergio D’Angelo ha spiegato: «Siamo favorevoli a rimodulare le tariffe anche perché a causa del Covid molti commercianti hanno effettivamente lavorato molto meno e quindi hanno pagato cifre superiori al consumo». D’Angelo, però, ha negato la possibilità di un rimborso come chiesto dallo stesso Borrelli, secondo il quale i commercianti potrebbero aver diritto ad un cospicuo rimborso.

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