Superbonus a Napoli: così il consorzio incassava gli incentivi senza eseguire i lavori

Superbonus a Napoli: così il consorzio incassava gli incentivi senza eseguire i lavori
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 19 Gennaio 2022, 23:43 - Ultimo agg. 21 Gennaio, 07:29
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«Ho firmato una specie di contratto mesi fa, ma ad oggi non ho alcuna notizia. Non sono stato contattato da nessuno e non ho nessun numero di pratica. Visti i tempi ristretti mi chiedo quando e se sarà possibile l’esecuzione dei lavori». Sono alcuni dei messaggi che i clienti inviavano al Consorzio Sgai, una società con sede a Napoli, che consorziandosi con una ventina di imprese (alcune vere e proprie società cartiere) promettevano di ristrutturare le abitazioni dei propri clienti senza pagare un euro, ma solo cedendo il credito d’imposta del 110% concesso dal Superbonus per l’edilizia approvato dal governo per far ripartire il settore dopo la crisi pandemica. Nella maggior parte dei casi i lavori non venivano però eseguiti, ma intanto la società partenopea - è l’ipotesi dei magistrati - andava ad intascarsi i crediti d’imposta acquisiti rivendendoli a banche e istituti di credito. È così che il superbonus per l’edilizia si è trasformato in una spregiudicata superfrode da quasi 100 milioni di euro. 110 milioni sequestrati dal tribunale di Napoli (gip Giovanna Ceppaluni) grazie ad una vasta indagine della procura di Napoli (pm Daniela Varone) e un’approfondita inchiesta della guardia di finanza partenopea.

Diciotto le persone finite nel mirino della procura napoletana e altre tre indagate da altre procure su tutto il territorio nazionale. Le truffe - secondo gli inquirenti - sono avvenute in tutta Italia: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli, Lazio, Lombardia, Piemonte e Veneto. Decine le perquisizioni effettuate dalla guardia di finanza partenopea con l’ausilio delle fiamme gialle dislocate nel resto d’Italia. Al centro dell’indagine e del mega-sequestro c’è il Consorzio Sgai presieduto dall’ischitano Roberto Galloro (già arrestato in una precedente operazione), in grado lo scorso novembre di acquisire la proprietà di un club di serie C dal glorioso passato, la Pro Patria. La squadra allenata negli anni ‘50 persino da Giuseppe Meazza, il cui attuale presidente, il napoletano Domenico Citarella (addetto alle vendite della Sgai), non risulta coinvolto nelle indagini.

Un sistema di truffe - secondo i magistrati - possibile anche grazie alla complicità di alcuni “colletti bianchi”, professionisti abilitati che rilasciavano le certificazioni richieste dalla legge per il Superbonus al termine dei lavori o per ogni stato di avanzamento degli stessi. I professionisti certificavano che i lavori erano in stato di avanzamento e, nel frattempo, il consorzio e le circa 20 società correlate acquisivano il credito d’imposta. Un volume d’affari di 110 milioni di euro. 

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La fittizia esecuzione dei lavori e la richiesta dei crediti d’imposta erano soltanto il mezzo per conseguire subito i profitti. Grazie alle indagini del Nucleo di polizia economico-finanziaria partenopeo e alle perquisizioni effettuate, si è scoperto che oltre 95 milioni dei crediti d’imposta erano stati rivenduti a ignari istituti di credito che ne acquistavano il valore nominale. In pratica la cricca portava in banca i crediti ottenuti con lo Stato grazie alle false fatturazioni e intascava una parte di quelle cifre. Poste e Cassa Depositi e Prestiti figurano tra gli istituti raggirati con questo sistema, ma anche un piccolo istituto, Banco Desio, che aveva acquistato 46 milioni di crediti d’imposta. Le Fiamme Gialle sono al lavoro per comprendere l’organizzazione quanta parte dei 95 milioni di euro sia riuscita a farsi liquidare dalle banche mettendogli in pancia crediti indebitamente acquisti da chi glieli ha venduti. Tutti indagati, ora, i componenti del cda di Sgai, i cessionari finali dei crediti, gli intermediari e anche i tecnici accusati di avere rilasciato i visti di conformità per interventi di ristrutturazione mai eseguiti. A dare impulso alle indagini è stata un’analisi di rischio sviluppata dall’Agenzia delle Entrate e agli approfondimenti svolti da Enea (l’Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l’Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile).

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Alcuni cittadini, è emerso, si sono accorti dell’avvenuta fatturazione solo dopo i controlli dei finanzieri. Per i finanzieri gli indagati agivano secondo uno schema ben preciso. Una rete di promotori in tutta Italia proponeva di eseguire i lavori promettendo ai clienti di non dover pagare nulla, successivamente alla firma i referenti scomparivano senza avere più alcun contatto con i propri committenti e i lavori non venivano mai eseguiti. L’importante era solo farsi accreditare il bonus, poi ci pensavano i “colletti bianchi” a certificare quei lavori. Da Superbonus a supertruffa il passo è stato purtroppo breve a dispetto di tante imprese che avrebbero bisogno di ripartire e, invece, c’è chi andava a prendersi in giro gli appalti senza neppure montare un infisso o riverniciare una parete. 

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