Orrore nella stazione Circum: «Singhiozzava e tremava tra l'indifferenza di tanti»

Orrore nella stazione Circum: «Singhiozzava e tremava tra l'indifferenza di tanti»
di Francesco De Sio
Venerdì 8 Marzo 2019, 12:00 - Ultimo agg. 20:02
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Singhiozzava sommessamente, tra l'indifferenza malcelata dei pochi presenti. Qualcuno le chiedeva cosa le fosse capitato, quasi più ad assolvere un ostentato impegno morale che per reale interesse. Poche e circostanziali le domande rivolte alla 24enne porticese, ferma nella penombra della panchina situata proprio davanti alle effigi di Troisi e Noschese. Troppa, probabilmente, la vergogna per il violento abuso subito appena qualche minuto prima, nel vicino ascensore del binario 3. Le lacrime della giovane, tuttavia, sono riuscite a smuovere la pietà di un coetaneo che proprio in quel momento attendeva sulla banchina la coincidenza per tornare a casa dall'università.
 
«Piangeva da sola, ma il dettaglio che mi ha colpito di più è che provava a fumare una sigaretta senza riuscirci. Sembrava incapace di compiere anche i gesti più elementari». A raccontarcelo è Vittorio, 22enne di Casalnuovo che per primo ha deciso di affrontare di petto la questione e capire cosa fosse accaduto alla giovane. «Le sue frasi sconnesse avevano fatto desistere molti, ma era chiaro che qualcosa non andasse - ricorda -, aveva lo sguardo perso nel vuoto e rispondeva alle domande anche dopo diversi minuti». La tenacia di Vittorio ha portato a galla l'oscena verità. «Solo dopo un po' mi ha confessato di essere stata vittima di uno stupro, l'ha detto testualmente, mi hanno violentata in tre. Da quel momento ho cominciato a rendermi conto della gravità della situazione».

In evidente stato di shock, la 24enne ha perfino provato a sorvolare sull'accaduto. «Non voleva assolutamente che la storia arrivasse alle orecchie della madre, sembrava preoccupata anche dalla reazione del fidanzato - spiega Vittorio, che in quegli attimi concitati ha mantenuto la lucidità -. Ho avvisato forze dell'ordine e 118 facendo finta di chiamare per altri motivi, soltanto allora anche lei ha cominciato a prendere coscienza dell'accaduto». Il giovane studente è rimasto vicino alla ragazza fino all'arrivo dei soccorsi, giunti alla stazione dopo circa 40 minuti dal primo approccio tra i due. «Mentre parlava con voce tremante la osservavo, ho pensato che senza un supporto avrebbe tentato qualche gesto inconsulto a casa. Ho provato a scorgere la presenza di lividi o danni al vestiario, ma al buio era difficile notare qualcosa». A conti fatti il senso di umanità di Vittorio, praticamente coetaneo anche dei tre presunti assalitori, ha contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora. «Ciò che mi è rimasto più impresso è stato la noncuranza sostanziale della gente, padri di famiglia e ragazzi più giovani. Ricordo che addirittura una signora l'ha chiamata per nome, segno che evidentemente la conosceva. Dopo le prime risposte sibilline, però, la donna ha preso il suo treno senza farsi troppi scrupoli».

Una società che partorisce padri in grado di applaudire davanti alla caserma i figli diretti in carcere, forse, è anche diretta conseguenza di gesti come questo. E la semplice condanna «social» del giorno dopo non può e non deve più bastare.
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