Napoli, pazienti sospetti Covid. È sos dal 118: «Nessuno vuole ricoverarli»

Napoli, pazienti sospetti Covid. È sos dal 118: «Nessuno vuole ricoverarli»
di Ettore Mautone
Martedì 11 Agosto 2020, 09:30
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I pazienti sospetti Covid? Nessuno li vuole, o meglio: hanno difficoltà a essere ricoverati nella rete degli ospedali di Napoli e provincia. Il principale nodo da sciogliere, in questa attuale fase di convivenza con il virus, ma soprattutto in vista dell'epidemia stagionale di influenza prevista in autunno - è rappresentato proprio dai casi in cui la malattia non è conclamata. In questi frangenti, quando sul piano clinico compaiono sintomi aspecifici (come tosse, febbre, dispnea) i pazienti prelevati dal 118 hanno molte difficoltà ad essere accettati in ospedale. Fatta eccezione per l'hub rappresentato dal Cotugno, che dispone di un padiglione Covid con camere a pressione negativa, gli altri ospedali vedono come il fumo negli occhi l'approdo in pronto soccorso di un paziente che si sospetti abbia a che fare con il Covid. Casi che se non fossero conclamati potrebbero correre il rischio di diventarlo, se ricoverati in un Covid center, o, di converso, potrebbero infettare altri pazienti sani se ricoverati in ospedali non Covid. Un problema che si è già presentato, in tutta la sua complessità, durante la fase acuta dell'epidemia ma che ora va studiato e pianificato in maniera approfondita proprio perché in autunno aumenteranno i casi dubbi che potrebbero generare caos e disservizi.

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L'EMERGENZA
Già adesso la rete dell'emergenza riesce a collocare questi malati in ospedale con difficoltà. Tutti i pronto soccorso sono in teoria dotati di spazi, aree e percorsi in isolamento per la gestione dei casi sospetti. Ma i tempi per la diagnosi soni lunghi e se si aggiungono le difficoltà in termini di sanificazioni, questi pazienti diventano un problema nella routine assistenziale ordinaria. A Napoli c'è il Covid center dell'ospedale del mare: la direzione sanitaria sulla carta ha garantito 8 posti per sospetti casi Covid. La centrale operativa del 118 tuttavia ha ricevuto ieri un fax che segnala la carenza di ricettività a fronte di 9 pazienti ricoverati. Sulla scorta di contatti diretti tra 118 e ospedale del mare i posti sono diventati 4. Molte difficoltà dipendono anche dalle carenze di personale e dai turni estivi insufficienti a gestire l'intera dotazione ma nei fatti la rete Covid viaggia in maniera parcellizzata senza una regia unica e integrata.

GLI OSPEDALI
Al Cotugno spetta il ruolo di hub: «Noi prendiamo tutti, anche i sospetti - avverte il manager Maurizio Di Mauro - abbiamo 10 ricoverati, uno intubato e tre o quattro sospetti che in giornata definiremo. Se negativi vanno al Monaldi. Nella palazzina Covid abbiamo attivi 16 posti letto, tra ordinari e di sub intensiva, se superiamo questo limite possiamo aprire altre unità arrivando a 60, o anche 100 posti, ma serve tempo per precettare il personale». Insomma a mancare non è la risposta dei singoli ma quella generale e integrata che tenga conto dell'offerta di tutti, dai posti pediatrici e per le donne in gravidanza, disponibili al Policlinico a quelli del padiglione M del Cardarelli impiegati finora per le esigenze interne, per finire al Covid center dell'ospedale del mare. Un ventaglio di possibilità che spesso resta nascosto nel cruscotto del 118. Intanto, all'ospedale San Paolo, dove il pronto soccorso è a mezzo servizio per gli adeguamenti impiantistici, dicono di non avere posti per sospetti o conclamati Covid 19: non è disponibile il collettore per l'ossigeno. Il Loreto Mare, ex Covid center, è anch'esso collocato in un limbo: qui sono 7 o 8 i pazienti ricoverati di cui 2 cronici altrettanti lungodegenti in Medicina (non Covid), altri 3 ai piani inferiori in subintensiva su cui si alternano 15 infermieri e il resto in dimissione.

IL PIANO
Nelle intenzioni del piano regionale, e sulla scorta delle linee guida nazionali, ogni reparto specialistico dovrebbe avere una stanza in isolamento con un infermiere e un medico dedicati ma per ora i sospetti passano da un ospedale all'altro e i casi specialistici difficilmente ricevono la stessa intensità di cura dei pazienti ordinari per le loro malattie di base.

Il lavoro da fare è tutt'altro che facile. L'impegno organizzativo, strutturale e di personale da mettere in campo richiede uno sforzo straordinario.

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