Pozzuoli, la camorra «liquida»:
droga e racket a colpi di stese

Pozzuoli, la camorra «liquida»: droga e racket a colpi di stese
di Gennaro Del Giudice
Giovedì 24 Marzo 2022, 08:38
5 Minuti di Lettura

Un cartello storico e una galassia di gruppi che ciclicamente nascono e muoiono nel giro di pochi anni. È la camorra liquida, caratterizzata da brevi alleanze, gerarchie fragili e scarse leadership. Uno scenario frammentato dopo la caduta dei boss, i trecento arresti per 416 bis degli ultimi dieci anni, gli ergastoli ai capoclan e le condanne agli affiliati che hanno lasciato sul campo qualche vecchio reduce insieme a un esercito di nuove leve, i camorristi di seconda generazione.

Sono gli eredi dello storico clan Longobardi-Beneduce, dalla fine degli anni ottanta il cartello predominante a Pozzuoli, città che sulla mappa criminale è divisa in quattro aree dove sono presenti almeno cinque gruppi che si contendono il controllo delle piazze di spaccio e le estorsioni alternando periodi di pace e tensioni, accordi trasversali e alleanze con i clan «di fuori».
Via Napoli e i quartieri di Monterusciello, Licola e Rione Toiano sono le zone dove la presenza della camorra è palpabile, territori dove oltre trent'anni fa si annidarono i boss di Pozzuoli: dai primi capoclan Rosario Ferro, detto «capatosta», ucciso nel 1988, e Giovanni Di Costanzo, ammazzato insieme a tre suoi guardaspalle nella celebre strage del Molosiglio del 1989, passando per Raffaele Bellofiore «o biondo» e Domenico Sebastiano detto «Mimì cap i mort», uccisi a Toiano nel 2007, fino a Gennaro Longobardi e Gaetano Beneduce, entrambi all'ergastolo proprio per quel duplice omicidio.

Tra i gruppi predominanti c'è una storica costola proprio dei Longobardi-Beneduce: è il clan Di Costanzo di via Napoli, che fa capo a Francesco Di Costanzo «'o cecato» e ai cugini Gennaro e Pasquale. Il loro territorio si estende da Porta Napoli, immaginario limite di confine con il centro storico di Pozzuoli, fino al Dazio ai confini con Bagnoli e comprende la zona del lungomare Sandro Pertini e il quartiere «marocchini», dove lo spaccio di droga e le estorsioni sono a loro esclusivo appannaggio. Gambizzazioni, aggressioni e incendi di auto le rappresaglie nel quartiere quando qualcuno ha tentato di sfuggire alle maglie del sistema, per il resto la pax decennale con gli altri clan ha sempre previsto che i Di Costanzo non uscissero dai confini di via Napoli.
Diverso e in continua mutazione è invece lo scenario nei quartieri.

A Monterusciello, roccaforte storica dei clan Longobardi e Beneduce dal 2010, anno della maxi operazione Penelope che portò in carcere 84 affiliati, è un susseguirsi di gruppi che esercitano un controllo tra i palazzi popolari nati nel post bradisismo. A fare gola c'è la piazza del lotto 5, dove si vendono cocaina, hashish e crack e che secondo gli ultimi pentiti rappresenta «la più importante di Pozzuoli» insieme a quella dei 600 alloggi. Altro business è il pizzo: nel mirino sono finiti imprenditori, commercianti, venditori del mercato ittico, ambulanti, ristoranti, centri di scommesse sportive e sale slot.

Affari contesi da due cartelli formati da vecchi affiliati agli storici clan e giovani leve di camorra. Da una parte c'è il gruppo di Silvio De Luca, detto «o nanetto», capozona dei «600 alloggi», preso venerdì scorso dai carabinieri dopo un anno di irreperibilità da sorvegliato speciale, che ha stretto un'alleanza con il clan D'Ausilio di Bagnoli. Alleanza che da tre giorni vive forti fibrillazioni dopo la decisione dello stesso De Luca di diventare collaboratore di giustizia; dall'altra tre ras storici dei Longobardi: Peppe Chiaro, Ferdinando Aulitto ed Emilio Capasso, questi ultimi due arrestati nelle scorse settimane. Solito il modus operandi per imporre il proprio predominio: stese, incendi e gambizzazioni. L'ultima vittima è un estorsore vicino al gruppo di De Luca.



Punizioni, intimidazioni ma senza ammazzare. L'ultimo morto di camorra a Pozzuoli è stato il broker della droga Luigi Mattera, detto «cicciotto il fioraio», ucciso nel 2016 a Varcaturo. Poi una serie di spari contro le abitazioni di pregiudicati, segnali di venti di guerra in corso nel quartiere da sempre teatro di scontro. Nel mirino dei «puteolani» ci sono i De Luca, rei di aver aperto le porte della città al clan D'Ausilio e di voler mettere le mani sulle piazze di spaccio controllate dal gruppo Capasso che, nelle ultime settimane, ha trovato il sostegno di un nuovo cartello criminale nato nel Rione Toiano intorno alla figura di un vecchio affiliato ai Longobardi-Beneduce, Gennaro Coppola alias «carrichiello o nasone». Insieme a lui una serie di esponenti di storiche famiglie di camorra quali Cammino, Alfano, Perillo e Arcone, che dopo aver condotto una rappresaglia contro affiliati e familiari del clan Pagliuca (ex braccio armato dei Longobardi) in seguito al pentimento del ras Procolo Pagliuca, hanno preso il controllo delle attività illecite. Tra i due clan di Toiano e Monterusciello c'è un accordo che prevede la divisione al 50% delle estorsioni fatte a Natale, Pasqua e Ferragosto e il sostentamento delle famiglie dei detenuti. Equilibri messi in discussione dai De Luca e dall'arrivo a Pozzuoli del temuto clan D'Ausilio.
Allo storico cartello dei Longobardi-Beneduce è legato anche il quartiere Licola mare, dove la piazza di spaccio è gestita da Nicola Vallozzi detto «o stuort» e dal fratello Diego. Insieme a loro una schiera di pusher, uno dei quali gambizzato quattro giorni fa. Estorsioni e traffici di droga rappresentano anche il «core business» del clan Pariante, da oltre un ventennio attivo a Bacoli e Monte di Procida. Al vertice ci sono Gennaro Pariante, figlio del boss pentito Rosario e nipote di Vincenzo, boss degli Scissionisti di Secondigliano.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA