Rocciatore precipitò, condannato
il colono: «Assenza di sicurezza»

Rocciatore precipitò, condannato il colono: «Assenza di sicurezza»
di Dario Sautto
Domenica 27 Dicembre 2020, 13:31
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«Sono consapevole che l'affetto di un papà, di un marito, non lo potrà restituire nessuno a me e ai miei tre bambini. Però, proprio per loro non mi fermerò e andrò avanti fino in fondo perché l'unica cosa che ho chiesto e chiedo è solo avere giustizia». Bianca è la giovane vedova di Vincenzo Esposito, rocciatore morto a 34 anni in un incidente sul lavoro la mattina del 2 settembre 2016. La tragedia avvenne nella Valle dei Mulini di Gragnano, mentre il 34enne si stava accingendo a svolgere la pulitura di un costone roccioso per l'installazione di una rete di contenimento in compagnia di un collega e del fratello.


Lo scorso 30 settembre, al termine del processo di primo grado per il quale l'accusa aveva chiesto l'assoluzione, il giudice monocratico del tribunale di Torre Annunziata Francesco Todisco ha condannato a due anni di reclusione Luigi Mascolo, gestore di un fondo agricolo di proprietà di una donna residente a Caserta.

Era lui ad aver ingaggiato, in nero, Esposito e gli altri due operai per eseguire quel pericolosissimo lavoro, che è risultato fatale per il 34enne. E da committente dei lavori, come prevede la norma, era anche il responsabile della sicurezza del cantiere, seppure «clandestino».


«Volevano far passare questo episodio come un semplice incidente, tra l'altro causato da mio marito attacca Bianca ma alla fine è arrivata la sentenza di condanna. Quando ascoltai la discussione del pm, ero infuriata. Perchè, in particolare dal punto di vista umano, stava venendo fuori un'altra verità. Invece, un colpevole c'è e c'è sempre stato, e per me e per i miei bambini è arrivata la giustizia. Ma non ci fermeremo». Assistita dall'avvocato Massimo Autieri, la signora Bianca era costituita parte civile al processo che aveva rischiato addirittura di non essere celebrato, perché già in sede di indagini preliminari la Procura chiese l'archiviazione. «Abbiamo dovuto combattere non poco per far emergere la verità» commenta l'avvocato Autieri. I lavoratori «non godevano della struttura e dell'organizzazione aziendale che avrebbe garantito un diverso e più elevato grado di sicurezza» ha scritto il giudice Todisco in sentenza.


STRAPIOMBO
Quella tragica mattina, Vincenzo Esposito stava per avviare un lavoro per lui semplice, la pulitura di un costone. Qualcosa nei sistemi di sicurezza, però, non funzionò e il 34enne precipitò da oltre 25 metri d'altezza. Un lavoro in nero «per arrotondare», organizzato durante una mattinata di ferie, si trasformò in tragedia. Nei giorni scorsi, sono state depositate le motivazioni a corredo della sentenza di condanna per omicidio colposo, in un processo nel quale si era costituita parte civile anche la Fillea-Cgil Campania con l'avvocato Aldo Avvisati.
«Fu proprio il colono a commissionare i lavori, anche se nell'occasione non svolgeva alcuna attività d'impresa ed è sempre lui ad essere venuto meno agli obblighi di legge a suo carico spiega l'avvocato Avvisati non avendo provveduto a verificare che il lavoratore stesso a cui aveva commissionato i lavori di pulizia del costone avesse le idonee qualifiche tecniche e professionali né ha provveduto a sovrintendere le modalità di intervento, previo richiesta di un Piano di Sicurezza ad opera del lavoratore. Durante il processo, l'imputato raccontò che il fatto era successo mentre era andato a preparare un po' di caffè. Inoltre, il fatto che sia stato richiesto l'intervento a titolo personale senza il supporto di tutta la ditta, di cui il rocciatore era dipendente, è stata valutata come una ulteriore dimostrazione di responsabilità dell'imputato».

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