Sacerdote del don Orione arrestato per abusi nel Napoletano: aveva chiesto trasferimento in Amazzonia

Sacerdote del don Orione arrestato per abusi nel Napoletano: aveva chiesto trasferimento in Amazzonia
di Leandro Del Gaudio
Sabato 21 Dicembre 2019, 13:18 - Ultimo agg. 22 Dicembre, 21:05
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Aveva chiesto il trasferimento all'estero, per una missione in Amazzonia. Ma è finito in manette con un'accusa orrenda: violenza sessuale continuata nei confronti di un giovane uomo con problemi di invalidità psichica. Ipotesi choc, che vede al momento in cella il sacerdote e docente Roberto Gerolamo Filippini, per cinque anni vicedirettore della congregazione di don Orione, struttura di accoglienza di Ercolano, da sempre aperta alle esigenze dei più deboli.

Da qualche tempo aveva lasciato il centro alle porte di Napoli. Era andato a svolgere un incarico di insegnante in un istituto scolastico - un professionale a Mestre -, dove si era trasferito negli ultimi mesi, comunque prima che sul suo conto scattasse una denuncia e avessero inizio le attività investigative. In questi giorni aveva fatto rientro a Napoli, dove è stato arrestato dalle forze dell'ordine che monitoravano i suoi spostamenti, che gli hanno notificato una misura cautelare firmata dal gip Lucia De Micco. Una volta dinanzi al giudice per le indagini preliminari, nel corso dell'interrogatorio di garanzia, il sacerdote si è comunque difeso, respingendo le accuse, confidando nella possibilità di dimostrare la correttezza della propria azione di cittadino e di uomo di chiesa.

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Una versione, la sua, che non ha convinto comunque il gip, che ha invece fatto leva sui gravi indizi raccolti a suo carico, fondati sulla denuncia interna, sulla testimonianza assistita della parte offesa, su alcune intercettazioni e sul contenuto di alcune perquisizioni messe a segno in questi giorni.
 



Poi c'è il discorso legato alle esigenze cautelari. Al netto della sua richiesta di essere trasferito all'estero, di andare a dedicarsi in una missione in Brasile, in una sede in Amazzonia, c'è il rischio di inquinamento probatorio. Scrive il giudice: ci sono possibilità di contatti continui con la vittima e con altre persone della Congregazione, dal momento che don Roberto ha svolto un ruolo chiave all'interno dell'istituto, proprio nel contatto con soggetti in difficoltà, per cui l'unica soluzione da adottare è quella del carcere.
Una nuova ipotesi di violenza sessuale nell'era del codice rosso, l'insieme di leggi che inaspriscono le pene per chi consuma reati sulle fasce deboli. Un codice che punta a definire in modo spedito la procedura delle indagini, a tutela delle parti offese e degli stessi soggetti coinvolti dalle indagini.
 
 


Al lavoro il pm Tittaferrante, magistrato in forza al pool reati contro le fasce deboli coordinato dal procuratore aggiunto Raffaello Falcone. Decisiva una denuncia nata dall'interno della Congregazione don Orione, da parte di chi aveva notato momenti di particolare criticità nella vita della persona offesa. Un ragazzo che ama la vita e lo sport, ma che convive con problemi di natura psicoattitudinale, che si era rivolto alla Congregazione per avere assistenza.

Ed è la testimonianza del giovane uomo a rappresentare una svolta. Appena è partita la denuncia, l'uomo è stato ascoltato. Non era solo, ma accudito da uno psicologo, come per altro previsto dai protocolli del codice rosso, secondo una procedura che si fa sempre più efficace: una testimonianza ritenuta utile a rafforzare il quadro accusatorio e a far scattare la misura cautelare.

Ma non è tutto.
Agli atti del procedimento anche quanto è emerso da alcune intercettazioni, che vengono indicate dal giudice come decisive a chiudere il cerchio - almeno per il momento - attorno alla figura del sacerdote. Una vicenda che risale ai mesi scorsi, quando Roberto Girolamo Filippini non aveva ancora lasciato Ercolano per recarsi a Mestre. Fatto sta che la notizia del suo arresto ha gettato nello sconforto i religiosi e i dipendenti della struttura che quotidianamente assistono decine di persone che si trovano in particolari condizioni di disagio. In tanti non sapevano della denuncia partita mesi fa, anche grazie alla cortina di silenzio che una vicenda tanto delicata richiedeva. C'è la speranza che le indagini facciano il loro corso, a tutela di tutti, ma anche il desiderio di proteggere - come sempre avvenuto in questi anni - le persone che hanno affidato al centro i propri parenti. Ora si attende una probabile richiesta di Riesame, mentre si attendono gli esiti delle perquisizioni scattate negli ultimi giorni.

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