Sanità, contrordine: la prima assistenza non sarà interrotta

Sanità, contrordine: la prima assistenza non sarà interrotta
di Domenico Maglione
Domenica 8 Dicembre 2019, 10:02
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Scongiurata la chiusura dei servizi ospedalieri di prima assistenza di Casoria, Ottaviano e San Giuseppe Vesuviano. Per mezzo milione di abitanti e più, arriva la notizia tanto attesa dopo la decisione di chiudere, a partire dal primo gennaio prossimo, i centri di prima assistenza del presidio ospedaliero Santa Maria della Pietà, gestito dai religiosi camilliani, di Casoria; della clinica Trusso di Ottaviano e di quello della clinica Santa Lucia di San Giuseppe Vesuviano.

DIETROFRONT
Il presidente della giunta regionale Vincenzo De Luca ha fatto dietrofront al termine di una riunione con i suoi più stretti collaboratori durante la quale è stato deciso di puntare ancora sulle attuali scelte assistenziali in attesa di pianificare strategie più adeguate all'utenza dell'hinterland napoletano. Le cliniche vesuviane e il presidio di Casoria attendono a momenti l'ordinanza che li autorizzi a proseguire con il servizio dal 1 gennaio contrariamente a quanto già comunicato dopo gli accordi economici per l'anno in corso. «È un segnale di distensione e di giustizia per tanti assistiti alle prese con disagi sistematici nel tentativo di ricevere cure e risposte sanitarie adeguate» fanno rilevare rappresentanti di una onlus che tutela i diritti del malato. Il servizio di prima assistenza non è un vero pronto soccorso. Sostituisce il vecchio Psaut ed è un punto di emergenza dove ricevere le prime cure in attesa di trasferimento presso un presidio adeguatamente attrezzato e funzionale alla patologia. È un buon filtro per evitare affollamenti presso i dipartimenti di accettazione e di emergenza dei nonoscomi napoletani e di quelli della provincia, da Boscotrecase a Frattamaggiore. Spesso, seppure inappropriatamente e con notevoli rischi per pazienti e medici, ai punti di prima assistenza arrivano anche pazienti gravi quando la tempestività della prestazione tante volte può salvare una vita umana.

C'è necessità di informare meglio i cittadini: i centri di prima assistenza sono importanti ma non sostituiscono i pronto soccorso, insostituibili per traumi maggiori o patologie gravi, né rappresentano l'alternativa alla medicina di base. Anzi, la rete tra i medici di famiglia, con la formazione delle cosiddette aggregazioni funzionali territoriali, che dovrebbero garantire l'apertura degli studi almeno per 12 ore al giorno, rappresenta un obiettivo per migliorare l'assistenza territoriale. Le criticità presenti proprio nell'organizzazione dell'assistenza erogata dai medici di famiglia comporta attualmente accessi impropri di pazienti sia presso i pronto soccorso che i punti di prima assistenza. Pure la rete specialistica ambulatoriale in provincia, per la verità, funziona in maniera non ancora ottimale. Le liste di attesa, a volte lunghe e fuori di ogni logica, rappresentano la conseguenza di un disagio organizzativo da parte delle aziende sanitarie che non riescono a gestirle secondo logiche e criteri efficienti.

Sarebbe sufficiente accertarsi, attraverso un call center, almeno una settimana prima della prestazione se l'assistito conferma la scelta perché spesso, a casa proprio dei tempi lunghi e proibitivi, c'è chi decide di rivolgersi nel frattempo a professionisti privati.

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