Scissionisti, si dissocia il boss di Scampia Cesare Pagano: «Ho ordinato io quegli omicidi»

Scissionisti, si dissocia il boss di Scampia Cesare Pagano: «Ho ordinato io quegli omicidi»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 17 Febbraio 2016, 08:34 - Ultimo agg. 18:56
3 Minuti di Lettura

Confessa e detta la linea, chiede perdono e si autoaccusa. Si rivolge alle famiglie delle vittime e annulla ogni sforzo difensivo, nel momento chiave di un processo che lo vede imputato di due omicidi. Dice: «sono io il mandante, chiedo scusa a tutti, chiedo scusa alla famiglia delle vittime, è stata una mia iniziativa». Parola di Cesare Pagano, al secolo Cesarino, a capo di un impero fondato sul traffico di droga, su milioni di euro delle piazze di spaccio riciclati in mezzo mondo.

Aula 315, siamo in Corte di Assise d’Appello, dove Cesare Pagano è imputato per gli omicidi di Carmine Amoruso e Savatore Dello Ioio, due agguati consumati nel 2005, quando gli scissionisti (dopo aver sbaragliato quelli del clan Di Lauro) cominciarono a uccidere i killer di Mugnano ritenuti poco affidabili. Parla dalla videoconferenza, rompendo sei anni di silenzio imposti dal carcere duro, lì nel bunker di Ascoli Piceno. E usa parole forti, che non passano inosservate: «Mi dissocio - dice - voglio tagliare i ponti con la camorra e accusarmi dei delitti che ho commesso». Non un pentimento, dunque, ma un riferimento esplicito a una formula giuridica inesistente nel nostro Paese, da sempre citata ma mai codificata nei processi penali. Venticinque anni dopo i tentativi di dissociazione di Angelo Moccia e di altri boss della Nuova famiglia, un capoclan patentato (almeno così viene definito Cesare Pagano) torna a chiedere la possibilità di dissociarsi. Niente accuse a parenti e affiliati, dunque, ma piena confessione dei reati consumati: non mi pento, ma abbasso la guardia. Sorpresa da parte della difesa di Pagano, rappresentata in aula dai penalisti Luigi Senese e Saverio Senese, mentre la Procura va all’incasso.

C’è soddisfazione da parte del pool anticamorra (coordinato dal procuratore aggiunto Filippo Beatrice e dai pm Stefania Castaldi, Maurizio De Marco e Vincenza Marra), ma anche cautela e una buona dose di scetticismo. Chiara la posizione dei pm: niente patti, niente compromessi - sembra di capire - esiste una sola strada da percorrere ed è la collaborazione piena con lo Stato.

Ma torniamo all’udienza di ieri mattina. Condannato all’ergastolo in primo e in secondo grado, Pagano aveva esultato dopo la Cassazione, che aveva rimandato gli atti a Napoli. Nuova udienza in assise appello, si va dinanzi alla sezione coordinata dal presidente Domenico Zeuli, il colpo di scena arriva in tarda mattinata. Alle prese con una condanna definitiva a venti anni e in vista di una possibile (anche se non scontata) condanna all’ergastolo, Pagano chiede di parlare: «Ho fatto uccidere io Amoruso e Dello Ioio, chiedo perdono, mi dissocio». Gelo dentro e fuori l’aula di giustizia, non è un pentimento, ma la scossa di terremoto fa in fretta ad arrivare tra Melito e Arzano e nelle altre zone dove i Pagano (legati a Raffaele Amato) continuano a macinare soldi dalle piazze di spaccio e a riciclare. Contro Pagano, undici pentiti, frutto delle indagini del pm Castaldi, ma anche ricostruzioni che inchiodano il presunto boss degli scissionisti, il capo dei cosiddetti «spagnoli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA