Movida di sangue a Chiaia. «Spari ad altezza uomo, sembrava un attentato»

Movida di sangue a Chiaia. «Spari ad altezza uomo, sembrava un attentato»
di Paolo Barbuto
Martedì 21 Novembre 2017, 09:29
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Il gestore rifiuta le fotografie e chiede l'anonimato; la ragazza spiega di essere troppo impaurita e il suo racconto arriverà solo via messaggino; l'uomo che stava al bar con gli amici minaccia querele perfino se verrà citata la sua età o la sua professione: chi s'è trovato in mezzo all'esplosione di violenza ha paura. La paura, comprensibile, di chi non ha mai avuto a che fare con pistolettate e sangue, accetta di raccontare e denunciare ma non vuol finire in mezzo ai guai, magari inseguito o minacciato da uno dei delinquenti di sabato notte.
Il gestore è un uomo d'esperienza che conosce tempi e modi della movida e ha imparato pure a intercettare i segnali della violenza: «Mezzanotte era passata da poco. Mi sono affacciato fuori del locale e ho notato un viavai di scooter inusuale. Ho fatto due passi, li ho visti che salivano e scendevano da piazza Vittoria. Erano nervosi, minacciosi: so individuare i ragazzacci che vanno in giro solo a fare casino. Quelli erano diversi, non schiamazzavano, non insultavano, non facevano rumore. Erano solo nervosi, come se aspettassero qualcosa. Si infilavano fra la gente, arroganti. Acceleravano forte per chiedere strada ai ragazzi che erano assiepati. Una pessima sensazione».

 

Il gestore perciò non s'è sorpreso quando è scoppiato il caos: «Ho provato a dire alle persone che erano dentro al locale di non muoversi, che era più sicuro non andare in strada. Però in tanti hanno iniziato a fuggire. Mi sono sentito impotente di fronte alla follìa della paura collettiva».
Giusto al centro di quella follìa s'è trovata lei, la ragazza che ancora oggi trema quando ripensa a quei momenti e chiede di lasciare la sua testimonianza solo via web, prendere o lasciare. Sapere, anche via messaggino, è importante, prendiamo. Lei inizia a digitare: «I miei amici avevano già capito che qualcosa non andava per il verso giusto. Erano passate da poco le tre e sono venuti a chiamarmi nel locale dove mi trovavo, lo Spritz. Dicevano dobbiamo andarcene, dobbiamo andarcene io li ho seguiti controvoglia». Evidentemente gli amici avevano notato che stava scoppiando la rissa e cercavano di allontanarsi per evitare problemi: «Quando sono uscita dal locale ho visto tantissimi ragazzi racchiusi in gruppo, si capiva che erano minacciosi, ma per allontanarci dovevamo per forza passare di fianco a loro. Proprio mentre passavamo, hanno iniziato a sparare. Ho sentito due botte e ho cominciato a correre. Dopo un po' di tempo sono arrivati altri spari, cinque o sei. Io mi sono voltata e sono rimasta paralizzata, non mi muovevo più, c'erano centinaia di persone che correvano verso di me. Un amico mi ha presa per un braccio e mi ha trascinata dentro un portone. Ho visto persone scivolare per terra, altre rannicchiarsi per evitare di essere travolte».
Il tema della follìa generata dalla fuga viene affrontato, con dovizia di particolari, dall'uomo che era a due passi dagli spari: «Ho visto scene che difficilmente potrò dimenticare. Ragazze che inciampavano e cadevano per via dei tacchi alti e la folla che le travolgeva. C'era una che non riusciva ad alzarsi perché ad ogni tentativo di rialzarsi veniva nuovamente buttata giù dalla folla: piangeva disperata. Le persone hanno travolto ogni cosa, perfino i ciclomotori. E passavano sopra quei mezzi, qualcuno s'è anche fatto male. Io ho cercato di mantenere la calma, mi sono appiattito sul muro di un palazzo e ho aspettato. Non ho mai sperimentato la fuga da un luogo di un attentato terroristico ma sono certo che è esattamente come ciò che ho visto: oggi non sono meravigliato perché le pistolettate non hanno ucciso nessuno, dopo quel che ho visto sono ancora più sorpreso che nella drammatica fuga della folla non ci sia stato un morto schiacciato».
All'atto terroristico ha pensato immediatamente anche un ventenne che si trovava, con tanti amici, al Flanagan's in via Poerio. Anzi, dall'interno del locale la prima sensazione è stata quella dello scoppio di mortaretti: «Abbiamo sentito due colpi netti, proprio come due petardi. Così è stato naturale andare a vedere chi stava festeggiando. Invece dopo qualche minuto sono arrivate altre esplosioni, almeno cinque o sei. Allora abbiamo pensato a un attentato: ci siamo rifugiati all'interno, abbiamo fatto entrare quante più persone possibile nel tentativo di dare protezione».
Il dettaglio dei colpi esplosi in due diversi momenti, sebbene ravvicinati, viene confermato da più testimoni: come se qualcuno avesse sparato per primo e poi qualcun altro, dopo essersi procurato un'arma da fuoco, avesse deciso di rispondere con le stesse modalità: «Sì, la sensazione è stata proprio questa - conferma l'uomo che si trovava vicino al gruppo - come se al fuoco di uno avesse risposto il fuoco di un altro che non era preparato ed è andato a recuperare la sua pistola da qualche parte. Poi subito dopo, in mezzo alla ressa, i violenti sono saliti in sella agli scooter, hanno recuperato i feriti e sono scappati via in un lampo. Incuranti delle persone in fuga correvano veloci sui loro mezzi, avrebbero potuto uccidere davvero qualcuno».
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