Studenti, la sfida ai clan da Napoli: «Ai genitori camorristi bisogna togliere i figli»

Circa 500 alunni hanno ammesso di essere usciti armati di coltello

Studenti in piazza
Studenti in piazza
di Gennaro Di Biase
Lunedì 19 Febbraio 2024, 00:00 - Ultimo agg. 20 Febbraio, 07:33
6 Minuti di Lettura

Togliere la patria potestà ai camorristi può essere un’arma per mettere un freno alla mentalità criminale che dilaga tra vaste fette di giovani all’ombra del Vesuvio: i ragazzi la pensano così. Questo è uno dei dati più positivi emersi dal questionario “Mobilitiamoci contro la camorra”, di cui riportiamo in anteprima i risultati. Il sondaggio è stato realizzato tra circa 10mila studenti di 25 istituti tra Napoli e provincia. Un campione ampio del territorio, che comprende l’Umberto a Chiaia e il Braucci di Caivano.

L’operazione, coordinata dalla docente Ines Barone, è stata portata avanti grazie all’assessore regionale all’Istruzione Lucia Fortini, con la consigliera regionale esponente della Commissione Anticamorra Roberta Gaeta, il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra e vicepresidente della commissione Ecomafie Francesco Borrelli, Il Mattino e la Radiazza (Radio Marte) condotta da Gianni Simioli. Emergono anche altri dati, nelle risposte dei ragazzi, che accendono ombre e luci sulla questione giovanile: ben 500 ragazzi dei circa 10mila intervistati gira con un coltello in tasca, tanto da dichiararlo in un questionario. Non è tutto: quasi il 30% di loro non ritiene che l’omertà sia una pratica da condannare.

Una mentalità non devota alla legalità, stando alle statistiche, quella di tanti adolescenti della generazione corrente. Se nel primo sondaggio, realizzato sempre dalla Barone tre anni fa, emergeva che, tra i ragazzi, Pietro Savastano di Gomorra era ben più famoso di Gelsomina Verde (conosciuta da appena 4 studenti su 100), il fascino e la celebrità del male - su cui le industrie di musica, tv e social fanno ottimi affari - non sono scomparsi certo nel 2024. Passiamo però ai dati. Il 95,6% degli studenti ha sentito parlare di criminalità minorile. Il 46,9% non ha mai assistito a reati giovanili. Vale a dire che più della metà degli intervistati è stato testimone oculare di un reato portato avanti da un coetaneo. Solo il 16% ritiene che a scuola si parli abbastanza di criminalità giovanile. Alcune delle note più dolenti: il 95,5% ha sentito parlare di baby-gang e il 4,7% di loro gira con un coltello in tasca. Il 2,5% (cioè circa 250 adolescenti) non ritiene che un atto criminale sia da denunciare. E addirittura il 27,9% degli studenti non ritiene che l’omertà sia da condannare. Più o meno tremila ragazzi su 10mila appoggiano il silenzio sulle “gesta” della malavita. Confortante invece il dato sulla patria potestà: il 72,9% degli intervistati ritiene che sia giusto toglierla ai genitori camorristi. Venendo alle ecomafie, il 62,1% le conosce e ben il 97,8% sa cosa sia la Terra dei Fuochi.

Video

Basso il dato sul desiderio di associazionismo: al 64,8% dei ragazzi non piacerebbe far parte di un comitato studentesco regionale anticamorra. Il 29,6% di loro ritiene di voler esprimere le proprie opinioni attraverso i social (il 36,4% si esprimerebbe invece attraverso progetti scolastici sulla legalità). Il campione degli istituti è piuttosto vasto, a livello geografico e sociale. Hanno partecipato al questionario le seguenti Secondarie di II grado di Napoli e città metropolitana: il liceo scientifico e delle scienze umane “Salvatore Cantone” di Pomigliano d’Arco, l’istituto istruzione superiore “Luca Pacioli” di Sant’Anastasia, il liceo Scientifico - classico “Ettore Torricelli” di Somma Vesuviana, il liceo scientifico “Filippo Brunelleschi” di Afragola, il liceo classico statale “Umberto I” di Napoli, il liceo classico statale - liceo delle scienze umane “Francesco Durante” di Frattamaggiore, l’istituto alberghiero “Ippolito Cavalcanti” di San Giovanni a Teduccio - Napoli, il liceo statale “Nicolò Braucci” di Caivano, il liceo “Flacco” di Portici, il liceo scientifico - linguistico “Agostino Maria De Carlo” di Giugliano, l’Iti “Renato Elia” di Castellammare, l’alberghiero “Viviani” di Castellamare, l’istituto superiore “Bruno Munari” di Acerra, l’istituto statale “Bernini De Sanctis” di Napoli, il liceo classico “Armando Diaz” di Ottaviano, l’Iis “Einaudi - Giordano” di San Giuseppe Vesuviano, il liceo “Carducci” di Nola, l’Isis “Vittorio Veneto” di Scampia - Napoli, l’Iis “Giancarlo Siani” di Casalnuovo, l’Iis Ferrari di Castellamare, l’istituto superiore “Striano - Terzigno”, il liceo severi di Castellammare, l’Istituto Tecnico Rossi - Doria e due scuole di Gragnano e Marigliano.

Lo scenario non è dei più semplici. Le note positive resistono, ma i numeri emersi dalle risposte degli adolescenti non restituiscono certo la fotografia di una svolta verso la legalità rispetto al sondaggio realizzato 2 anni fa. I ragazzi, in ogni caso, forniscono anche dei suggerimenti nelle loro risposte al questionario. Poco più della metà degli intervistati ritiene che ci siano abbastanza spazi aggregativi nel proprio Comune, ma il 60% dei teen-ager (6081 persone) chiede alle istituzioni più attività sportive ed eventi per il tempo libero. Importante poi il dato sul dialogo tra generazioni. Il 55,4% dei ragazzi chiede l’attivazione di consultori per l’ascolto delle problematiche giovanili. Quanto ai settori preferiti, le attività di promozione sociale (al 56%) e i bambini (68%) precedono disabili (22,7%), anziani (26,1%) e immigrati (18,8%).

«Si parla poco della criminalità a scuola - argomenta Borrelli - Proprio ieri c’è stato un altro sequestro di coltelli in città. Sono anni che abbiamo a che fare con le baby-gang, ma la situazione sta peggiorando perché questi atti sono stati definiti per anni come ragazzate: si è sottovalutato un fenomeno che oggi va gestito e non è più controllabile. Il 5% degli studenti ha ammesso, in un questionario anonimo, di aver girato con un coltello in tasca. Sono almeno tre volte in più, in realtà. Altro dato preoccupante è la mancata condanna dell’omertà: circa il 30% dei ragazzi non la considera importante. Non serve decapitare un clan se non si estirpa la mentalità camorristica. Purtroppo, le leggi le conoscono molto meglio i criminali che i cittadini normali. Sono contrario a qualsiasi tipo di censura, ma di sicuro lo stile Gomorra e Mare Fuori non contribuisce all’educazione al bene. Mare Fuori fa apparire il carcere addirittura come un divertimento. Tik-tok, oltretutto, ha elevato la vita del delinquente a uso quotidiano. Abbiamo un osservatorio specifico per questo social: l’80% dei video che inneggiano alla criminalità arrivano da Napoli e Campania. Il resto da Sicilia e Calabria. Pochissimi da Roma e Milano. I tik-toker della camorra, purtroppo, hanno un grande seguito. Più di quelli delle vittime. Questo ci dovrebbe far capire che stiamo andando nella direzione sbagliata. Se non si mette un freno a tutto questo aumenterà il desiderio di omertà, e si costringeranno le brave persone a fuggire da Napoli».