Terrorismo, la «rete» di Amri:
​centrale del falso in un box a Napoli

Terrorismo, la «rete» di Amri: centrale del falso in un box a Napoli
di Valentino Di Giacomo
Sabato 31 Marzo 2018, 08:47
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Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere i quattro tunisini, che risiedevano tra Napoli e la provincia di Caserta, arrestati giovedì scorso perché accusati di fabbricare documenti falsi per gli immigrati. A loro si era rivolto anche Anis Amri, autore dell'attentato a Berlino e ucciso ad un posto di blocco della polizia il 23 dicembre del 2016 a Sesto San Giovanni. Insieme alla banda campana anche Sailem Napulsi, il sedicente cittadino palestinese accusato di essersi auto-addestrato attraverso il web con finalità di terrorismo. Nessuno dei cinque indagati, portati nel carcere di Rebibbia, ha però voluto rispondere alle domande del gip, Costantino De Robbio.

Dei quattro tunisini, tutti con lo stesso cognome, non è ancora chiaro il vincolo di parentela da cui sono legati. Si chiamano tutti Baazaoui e tra di loro, nel corso delle telefonate intercettate si chiamavano «cugini». Con le autorità tunisine la procura di Roma sta verificando se, come nel caso di Napulsi, le identità fornite siano reali oppure frutto dell'ennesimo falso. Quello che è certo è che la banda aveva a disposizione un garage nei pressi di piazza Mercato dove gli uomini della Digos di Napoli hanno rinvenuto decine di carte d'identità, patenti, libretti di circolazione e permessi di soggiorno ancora da compilare. Su tutto il materiale rinvenuto nel garage e nelle abitazioni dei tunisini sono ora in corso ulteriori verifiche da parte della procura.

Il capo della banda, Akram Baazaoui, viveva a pochi passi dal teatro San Ferdinando, in vico della Guardia; l'altro componente Dhiaddine abitava non molto distante, a corso Garibaldi. Quest'ultimo era il più attivo sui social network dove aveva creato almeno quattro profili Facebook. Del resto era proprio grazie alle attività su internet che l'organizzazione poteva prosperare, su Messanger arrivavano le foto e le generalità degli immigrati da apporre poi sui documenti falsi. Gli altri due membri della banda risiedevano invece nel Casertano. Mohammed, il braccio destro di Akram, abitava a Villa di Briano; Rabie viveva invece a Casal di Principe. Entrambi, quando l'attività della vendita dei documenti falsi scemava, vendevano sigarette di contrabbando all'esterno dei supermercati nella zona dell'Agro-aversano. Il loro compito era non solo ospitare gli immigrati per i pochi giorni utili a fabbricare i documenti falsi, ma anche a riscuotere i pagamenti utilizzando molto spesso un'agenzia di Money Transfer di San Cipriano d'Aversa.
I falsari tunisini avevano infatti escogitato un sistema per aggirare i controlli da parte delle autorità italiane. Non solo concordavano gli arrivi dei loro connazionali attraverso stabili contatti con la Tunisia da dove riuscivano a far arrivare in Italia gli immigrati attraverso barche molto veloci capaci di sfuggire ai controlli, ma quando questi arrivavano a Napoli venivano poi smistati in Francia da clandestini.

 

I documenti falsi venivano spediti in un secondo momento in modo da evitare che, se fermati, la polizia potesse scoprire le carte d'identità contraffatte. Gli immigrati venivano messi sui treni-notte per Genova, poi da lì dietro pagamento di altri 150 euro a testa erano accompagnati in auto oltre la frontiera francese. Solo dopo, tramite corriere espresso, venivano inviati i documenti italiani che le autorità francesi potevano riconoscere con più difficoltà. Quello che la banda non sapeva era però che da mesi la Digos napoletana seguiva ogni loro mossa attraverso pedinamenti e intercettazioni sia telefoniche che ambientali.
Non è stato riscontrato se i quattro fossero soggetti radicalizzati ai dettami dell'estremismo islamico. Eppure la banda sarebbe riuscita a vendere documenti falsi ad un terrorista, Amri, che a Berlino ha causato con il suo attentato 12 morti. Confermando una volta di più che la Campania è diventata nel tempo una base logistica da sfruttare per le cellule del terrorismo del Califfato.
val. dig.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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