Truffa carburanti su accise e riciclaggio: «Così la camorra investe nei Bitcoin»

Notificati due decreti di sequestro per 150 milioni di euro

Il cartello con i prezzi medi carburanti
Il cartello con i prezzi medi carburanti
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Venerdì 17 Novembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 18 Novembre, 09:45
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Operavano su conti esteri, attraverso la costituzione di trust, l'iscrizione a piattaforme di bitcoin e con la reiterata fittizia intestazione di società e di beni mobili e immobili a soggetti prestanome. Usavano anche i canali della moneta digitale, le persone indagate per la maxi frode nel settore degli idrocarburi che ha portato all'emissione di due decreti di sequestro, per complessivi 150 milioni di euro, che la Guardia di Finanza ha notificato ieri mattina tra Campania, Lazio ed Emilia Romagna. Una vicenda investigativa coordinata dalla Procura di Napoli, che è stata corroborata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia: i meccanismi di frode scoperti sono stati realizzati tra il 2015 e il 2021 con la costituzione, in Italia e all'estero, di società cartiere, che hanno consentito l'accumulo di riserve illegali. Parliamo di una imponente evasione dell'iva e delle accise, oltre l'applicazione ai consumatori finali di prezzi illecitamente competitivi. Una volta abbattuti i costi per iva e accise e dopo aver sbaragliato il campo della concorrenza grazie a prezzi stracciati - parliamo di pompe di benzina - c'era chi riusciva a creare wallet (portafogli elettronici) attraverso cui convertire euro o dollari in moneta elettronica. Intermediazioni che hanno consentito - nell'ottica dell'accusa - di riciclare denaro di dubbia provenienza. Ma torniamo al nucleo dell'inchiesta.

Indagine condotta dal pm Sergio Raimondi, al lavoro lo scico della Finanza, undici indagati per la maxifrode da 150 milioni di euro che sarebbe stata messa a segno nell'ambito della commercializzazione degli idrocarburi. Sotto inchiesta finiscono così il sindaco Tommaso Nicola Grasso di Campoli del Monte Taburno (Benevento), uno degli amministratori di fatto della Petrolifera Italiana, la società al centro della frode (ritenuta collegata ai clan Formicola e Silenzio). Al sindaco, difeso dall'avvocato Mario Izzo, viene contestato dagli inquirenti il reato di trasferimento fraudolento di valori, in particolare di avere ceduto fittiziamente parte del proprio patrimonio immobiliare ai figli minorenni al fine di eludere i sequestri. Ipotesi che attendono i riscontri definitivi dopo un regolare processo, mentre va chiarito che il sindaco del beneventano non risponde di reati aggravati per fatti di camorra. Tra gli indagati anche il commercialista di Torre Annunziata, L.D.M., ritenuto in rapporti con i vertici del due clan di camorra (anche loro indagati), in passato coinvolto nell'ambito dell'operazione Petrol Mafia (filone di Reggio Calabria).

Gli undici indagati, a partire dal primo cittadino del comune sannita e dallo stesso commercialista oplontino, avranno ora modo di replicare alle accuse e avranno modo di dimostrare la correttezza della propria condotta fino a prova contraria.

Una vicenda con tante facce, dal momento che tra i principali beneficiari della frode figura una società di Napoli che, fino alla dichiarazione di fallimento, era cogestita di fatto da elementi apicali del clan Formicola e del clan Silenzio, uno dei quali già destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale antimafia. 

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Una vicenda che conferma la frontiera della economia digitale, secondo una ricostruzione che si avvale del lavoro investigativo di un intero pool di pm. Si parte da reati fiscali e tributari, che consentono di creare fondi neri. La moneta viene smaterializzata. Diventa bitcoin, valuta digitale, che può essere trasferita in modo elettronico grazie a piattaforme dedicate a questo genere di scambi economici. Valori che possono poi essere materializzati in qualsiasi momento e in qualsiasi altra parte del mondo, sempre grazie a un clic sul pc e all'accesso a piattaforme dedicate. 

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