Venere degli stracci, Isaia resta ai domiciliari: «È pericoloso, può colpire ancora»

Sgarbi all’attacco: «Inaccettabile la sentenza, il giudice chiama una copia capolavoro»

Simone Isaia
Simone Isaia
di Viviana Lanza
Mercoledì 13 Dicembre 2023, 07:56 - Ultimo agg. 14 Dicembre, 07:25
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Resta ai domiciliari Simone Isaia, il 32enne senza fissa dimora accusato di aver dato fuoco alla Venere degli Stracci, l’opera realizzata dall’artista Michelangelo Pistoletto e installata dal Comune di Napoli nella centralissima piazza Municipio. Da luglio la storia di Isaia è diventata un caso, non solo giudiziario ma anche sociale. A molti la condanna a quattro anni di reclusione, inflitta al 32enne pochi giorni fa al termine del processo con rito abbreviato, è parsa eccessivamente severa. E severa appare adesso la decisione del giudice di tenere Isaia agli arresti, sebbene di lui si parli come di una persona fragile e con disagi psichici. 

Il giudice del tribunale di Napoli Linda Comella ha rigettato la richiesta di revoca degli arresti domiciliari per Simone Isaia, confermando la misura cautelare nei confronti del giovane sulla base di un giudizio di pericolosità che resterebbe tuttora attuale. La richiesta di scarcerazione era stata presentata dalla difesa e idealmente era stata sostenuta da una parte della società civile, dal garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello e dalla pastorale carceraria di don Franco Esposito che da luglio si stanno mobilitando con raccolte di firme, manifestazioni e appelli pubblici per Isaia.

Parallelamente alle mobilitazioni garantiste a sostegno del 32enne, in questi mesi sono montate anche le polemiche sull’opportunità di installare un’opera non ignifuga in una delle piazze più trafficate della città.

Sta di fatto che la valutazione giudiziaria del caso ha portato il giudice a escludere il ritorno in libertà di Isaia il quale resta, dunque, agli arresti in una casa di accoglienza nel Salernitano. 

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Per la difesa la prova della colpevolezza di Isaia non è certa, dalle indagini e dal processo non sarebbero emerse con chiarezza le modalità dell’innesco dell’incendio che all’alba del 12 luglio distrusse l’opera in ferro e stracci installata in piazza Municipio. Quei quindici secondi in cui le telecamere puntate sulla piazza ripresero il passaggio di Isaia non sarebbero sufficienti a sigillare la prova della responsabilità del giovane secondo il difensore che, al termine della sentenza di primo grado, aveva annunciato ricorso in Appello e presentato subito un’istanza di scarcerazione per il 32enne puntando anche sui suoi disagi psichici, sui due mesi trascorsi in una cella di Poggioreale subito dopo l’arresto e sulla condotta che il giovane ha da luglio.

«Dalle indagini non è chiaro in che modo l’intera struttura possa avere preso fuoco», ha sottolineato l’avvocato Carla Maruzzelli, evidenziando i dubbi sulla colpevolezza del 32enne. La tesi della difesa fa leva su alcuni elementi, in particolare sul fatto che all’interno della struttura andata a fuoco i pompieri trovarono due scatole di latta, una di vernice e una di solvente. La lattina di solvente, senza tappo, era evaporata. «Considerate le altissime temperature di luglio - ha evidenziato l’avvocato Maruzzelli - è verosimile pensare che in stato di sublimazione potrebbe essere stata quella la causa di un’autocombustione dall’interno che ha distrutto l’opera».

Critico il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi: «Tra le anomalie della giustizia appare clamorosa la sentenza di condanna per il disgraziato che ha dato fuoco a una replica della Venere. È inaccettabile che la condanna per Isaia discenda dal falso assunto e dalla presunzione estetica del giudice che, contro l’evidenza, giudica una copia, con il carattere di una installazione temporanea propria di una scenografia teatrale, “opera d’arte di livello assoluto”». 

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