L'Archivio di Stato di Napoli diventa Casa delle storie

L'Archivio di Stato di Napoli diventa Casa delle storie
di Giovanni Chianelli
Giovedì 31 Marzo 2022, 12:00
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Dal prossimo autunno, oltre al nome con cui è conosciuto dal diciannovesimo secolo, avrà anche quello di «Casa delle storie». A settembre l'Archivio di Stato di Napoli diventerà un museo, un nuovo punto di attrazione per turisti e studiosi nell'itinerario del centro storico. In parte riformerà l'urbanistica dell'area, con un ingresso da vico Monte di Pietà che attualmente porta alla facoltà di Sociologia, dove verrà tolto il cancello che impedisce il transito al pubblico; mentre dal lato opposto, su via Bartolommeo Capasso, sarà messo a disposizione della cittadinanza il giardino dell'antico monastero benedettino dei santi Severino e Sossio, in cui l'Archivio fu insediato nel 1845, abbattendo i muri che oggi lo dividono da un'altra porzione verde di proprietà del comune.

Sette milioni la spesa complessiva, i fondi arrivano dal progetto Unesco per il centro storico partenopeo. Servono alle necessarie ristrutturazioni su una superficie immensa, oltre 24.000 metri quadrati, e a trasformare il bene in uno spazio aperto ai visitatori. Ma anche ad altro: «A rendere l'Archivio un luogo vivo, a cancellare l'idea di ufficio polveroso che ha nell'immaginario», dice la direttrice, Candida Carrino, arrivata nel 2019: «L'intento del museo è quello di aprire a più gente possibile un immenso patrimonio e diffondere l'interesse dei suoi documenti».

Nella zona dell'ingresso verrà creata una caffetteria con bookshop aperta anche a chi non intende visitare il bene.

Chi paga il biglietto potrà conoscere la proposta del neonato museo, divisa in tre sezioni principali utili al racconto dell'archivio: le prime due sono cronologiche, una dedicata all'origine, a quando il luogo era un monastero, e un'altra al passaggio di funzione tra ente religioso e ufficio di conservazione dei documenti.

Perciò i visitatori potranno ammirare i quattro chiostri, tra cui l'atrio del Platano, col ciclo degli affreschi rinascimentali che raffigura episodi della vita di San Benedetto, ultimato nel 1515 da Antonio Solario detto «lo Zingaro»; lo spazio prende il nome da un maestoso albero che fu piantato, secondo la leggenda, dal santo stesso. E l'atrio dei marmi, iniziato nel 1598 e completato nel 1623, con il prezioso impianto architettonico e un vasto giardino. Ancora, il capitolo dei monaci, oggi sala dei catasti, affrescato da Belisario Corenzio agli inizi del 600 con parabole e figure allegoriche; l'ex refettorio, che adesso si chiama sala Filangieri, la sala Tasso, la farmacia con i suoi scaffali intarsiati, la biblioteca, la sala diplomatica e molto altro ancora. 

Alle sezioni storiche si affiancherà un settore narrativo, che si occuperà di sceneggiare alcune tra le miriadi di notizie raccolte nei 70 km di carte custodite nell'archivio: «Sono le storie che hanno qui la loro casa, come suggerisce il nome del museo», spiega la Carrino. L'idea è quella di far conoscere ogni sei mesi cinque vicende di particolare interesse, rese fruibili da uno storytelling basato su una divulgazione multimediale, tra cui l'esperienza immersiva.

Si potrà venire a sapere, ad esempio, della passione per l'archeologia di Maria Carolina d'Austria che sceglieva i reperti per arredare i suoi palazzi, dei cocktail più in voga nella nobiltà napoletana tra 700 e 800, della petizione per riaprire il suo locale fatta da un pizzaiolo alle autorità durante la pandemia. «E chi pensa che sia una storia degli ultimi due anni si sbaglia, è un fatto del 600, ai tempi della peste. La storia ritorna, le necessità si somigliano, perciò è importante conoscere le carte del passato».

La Casa delle storie sarà aperta alle mostre temporanee. Nei prossimi mesi alcune esposizioni faranno da tappe di avvicinamento all'apertura del museo: nell'atrio del platano, dopo quella di maggio su Amedeo Bordiga in occasione del «Comicon off», ci sarà una mostra dedicata ai grandi marchi industriali italiani. 

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