Atlante oro, Era la rossa: le statue del Mann ritrovano i colori

Atlante oro, Era la rossa: le statue del Mann ritrovano i colori
di Rossella Grasso
Martedì 5 Giugno 2018, 11:09
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Le costellazioni scolpite nel globo terrestre della statua dell'Atlante Farnese forse anticamente splendevano di colore giallo o oro. Passeggiando tra le sale del Mann tra le bianche statue longilinee sembra difficile credere che un tempo fossero sgargianti e colorate, ma presto un gruppo di ricercatori proverà a mostrarle così com'erano in origine.

L'Era Farnese aveva i capelli rossi o forse biondi, sul marmo bianco ne restano solo piccole tracce porpora. Una tinta che all'epoca, come oggi, andava di moda: è la stessa acconciatura della Venere Marina, il rilievo del Thiasos dionisiaco di Ercolano. Quest'ultima in origine indossava una tunica rosso fiammante con decorazioni che non hanno nulla da invidiare alle statue contemporanee più kitsch. La Venere doveva anche essere ingioiellata da capo a piedi come la Madonna dell'Arco, ma oggi rimangono impressi solo due bracciali in cui appena si scorge il colore oro con cui erano dipinti.

Poi c'è la statua della Venere cosiddetta «in bikini». Qui l'immaginazione non deve lavorare troppo perché il costume da bagno dorato è ancora ben visibile sulla statua e ha poco di diverso da quelli che si ammirano in spiaggia, infradito compresi, stesso modello a secoli di distanza. Restano anche collane e bracciali, sfarzosi come si addicono a una dea. Tutti segni che dimostrano come l'arte classica, bianca e pura, un tempo fosse un carnevale di colori, verde, blu, ocra, rosso e oro ed era bella proprio per questo.
 
«Potessi imbruttire di colpo, come una statua da cui vengano cancellati i colori», fa dire Euripide a Elena, la mitica regina di Troia, in una delle sue tragedie. Una frase che la dice lunga su quanto l'arte classica fosse diversa da come la percepiamo oggi, abituati come siamo ad affiancare alla classicità un senso di purezza.

Una convinzione che dura da secoli. Si racconta che Winckelmann, archeologo tedesco del 700, addirittura facesse ripulire le tracce di colore dalle statue credendo che fossero state dipinte nel Medioevo.

Per mostrare al pubblico com'erano davvero le sculture ci penserà un team di ricercatori con il progetto «Mann in colours». Capeggiati da Cristiana Barandoni, ricercatrice del world heritage laboratory dell'università americana dell'Indiana, il gruppo setaccerà per tre anni circa 100 sculture del Museo Archeologico Nazionale a caccia di tracce di colore. Farà analisi chimiche e fisiche per capire che tipo di pigmenti usassero gli antichi e riscoprire gli inserti metallici che usavano per impreziosire le statue. I risultati delle indagini saranno inserite in tempo reale in un database. Su un sito appositamente creato si potranno vedere video e foto delle fasi salienti, i modelli in 3D a colori e tutti i dati emersi.

I visitatori del museo potranno vedere e partecipare alle indagini grazie alle «expert room», veri e propri cantieri aperti vicino a ogni opera oggetto di studio. Alla fine della ricerca le statue torneranno virtualmente a colori grazie alle nuove tecnologie e ai software digitali messi a punto per il Mann dall'università di Taiwan.

Realtà virtuale e aumentata trasformeranno i tesori del museo in un'esperienza da vivere con tutti i sensi immergendosi nelle opere a colori. La ricostruzione dei contesti e le originali policromie saranno mostrati ai visitatori con giochi di luce e attraverso tablet che faranno rivivere luoghi, ambienti e statue così com'erano secoli fa.

«Scoprire i colori delle statue», commenta Paolo Giulierini, direttore del Mann, «ci porta a riflettere su quanto parziali e decontestualizzate possano essere le esposizioni museali. È come se noi esponessimo fra 2000 anni una Ferrari senza il caratteristico colore rosso: le avremmo tolto l'aspetto più identitario».

I lavori inizieranno a luglio proprio con l'Atlante Farnese e presto i visitatori potranno godersi le statue a colori con un'app sullo smartphone.
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