«Frida Kahlo e mio padre Leo Matiz, amore senza sesso»

«Frida Kahlo e mio padre Leo Matiz, amore senza sesso»
di Paola de Ciuceis
Lunedì 20 Settembre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 21 Settembre, 20:39
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Intelligente, simpatico ai limiti dell’impertinenza, gaudente, Dongiovanni incallito, tra i più geniali e creativi protagonisti della fotografia e del cinema messicano tra gli anni ‘40 e i ‘50, amico di Diego Rivera (1886/1957) e Frida Kahlo (1907/1954) della quale fu fotografo prediletto, la figura del colombiano Leo Matiz (1917/1998) rivive nelle parole della figlia Alejandra, a Napoli in occasione della mostra «Frida Kahlo. Il caos dentro», in esposizione a Palazzo Fondi sino a gennaio, che comprende uno spazio speciale per gli scatti che Matiz dedicò alla Kahlo. 

Alejandra ricorda il padre come «uomo e artista meraviglioso: l’aiutavo a fotografare dopo che perse un occhio durante una rapina ai suoi danni, gli rubavo le poesie d’amore che scriveva alle amanti per i miei morosi, l’aiutavo ad incontrare fidanzate.

Un padre-maestro, a volte severo e un po’ difficile come quasi tutti gli artisti; aveva fatto tre volte il giro del mondo, sapeva parlare di tutto.

Certo, non diceva tutto a me, lui si era sposato ben 7 volte, alcune sue storie le ho sapute dalle interviste che rilasciava. Secondo tradizione locale, è nato in groppa ad un cavallo, nel piccolo villaggio di Aracataca, luogo di nascita di Gabriel Garcia Marquez che, ribattezzandolo Macondo, vi ambientò Cent’anni di solitudine». 

Poeta, caricaturista, illustratore, editore, gallerista (ospitò la prima mostra di Botero), Matiz fu personalità poliedrica: «Ho lavorato con lui per 45 anni», racconta sua figlia, «portando la sua opera in tutto il mondo, in Australia, in Mongolia, al Moma a New York. Con lui sono venuta molte volte in Italia, sempre con grandi mostre; del resto le nostre radici sono italiane, il cognome viene dal Friuli, da Timau dove quasi tutti si chiamano Matiz e ne siamo orgogliosi. Io sono italiana, sono stata sposata con un napoletano che abitava in Liguria».

Quella tra Leo e Frida fu un’amicizia speciale, anzi un amore, forse mai consumato: «Mio padre arrivò in Messico nel 1941, quando il Paese era considerato la Parigi latinoamericana perché in Europa c’era la guerra e tutti maggiori personaggi - uno per tutti Bunuel - venivano oltreatlantico; iniziò a lavorare con le grandi riviste messicane e tra gli incarichi ebbe quello di un reportage sui muralisti. Strinse subito amicizia con Rivera che lo portò nel suo studio e a casa, presentandogli Frida e tutto il suo entourage. Iniziarono a stare spesso insieme tutti e tre, a Casa Azul, dove la coppia dava grandi feste, animate da numerosi ospiti di alto rango, come Trotsky che fu amante di Frida. Mio padre non lo conobbe: arrivò proprio il giorno del suo assassinio». 

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Leo e Frida si divertivano insieme: «Cucinavano, bevevano, ballavano, fumavano marjuana... Lui la fotografava e sapeva come affascinarla, lei amava ascoltarlo. Tra loro c’era sicuramente un innamoramento ma credo non ci sia mai stata una relazione sessualmente. Diego era geloso dei fotografi della pittrice, molti dei quali divennero suoi amanti, e papà rispettò l’amico. A lui piaceva tutto di lei, della sua personalità forte e fragile ma non mancava di criticarla per la gelosia nei confronti del marito».


Alejandra non ha conosciuto, per motivi d’età, la Kahlo: «Mio padre mi raccontava tanto di lei, della sua passione per i gioielli colombiani che lui le regalava, del viaggio in Colombia che avevano sognato di fare assieme. Erano molto presi l’uno dall’altro, ma il loro amore restò platonico, anche se mio padre era un donnaiolo al pari di Diego: andavano in giro per locali, anche con Tina Modotti, Maria Felix con cui ebbe una relazione, il fotografo Nikolas Muray che fu amante di Frida». 

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