Villa Lucia, quando i canguri erano di casa al Vomero

La dimora di Lucia Migliaccio Grifeo, vedova del principe di Partanna e seconda moglie (morganatica) di Ferdinando I delle Due Sicilie

La villa di Lucia Migliaccio Grifeo nella Floridiana
La villa di Lucia Migliaccio Grifeo nella Floridiana
di Marco Perillo
Martedì 28 Febbraio 2023, 12:30 - Ultimo agg. 14:23
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Immaginereste mai i canguri saltellare sulla collina del Vomero, davanti a uno dei panorami più vasti e incantevoli della città partenopea? Li vedreste scorrazzare all'interno di un ampio recinto in mezzo al verde, accanto a una grotta per i leoni, a un'altra per le pantere, una per gli orsi e un teatrino per cigni, pavoni e fagiani? Non siamo allo zoo, ma nella Napoli del 1827 e precisamente nel grande appezzamento di terra che circonda Villa Lucia, dimora di quella Lucia Migliaccio Grifeo, vedova del principe di Partanna e seconda moglie (morganatica) di Ferdinando I delle Due Sicilie. Una dimora che, poco ci manca, assomiglia a una reggia, costata al sovrano 36.000 ducati valeva molto di più e donata alla sua affascinante consorte più giovani di lui di una ventina d'anni. A raccontare tali aneddoti è il delizioso libriccino La storia romantica di Villa Lucia di Italo de Feo, scritto dall'autore, per anni ai vertici della Rai, nel 1972 e dato alle stampe di recente con un ricordo di Sveva Fede de Feo e un saggio introduttivo di Fabio Mangone.

Il racconto parte da lontano, fin dai tempi in cui la collina era abitata da un gruppo di chierici lucchesi di Santa Maria in Portico che la scelsero come luogo di eremitaggio estivo.

Agli inizi dell'800 il ministro di polizia Antoine Christophe Saliceti, al seguito di Giuseppe Napoleone Bonaparte, sopprimendo gli ordini religiosi, acquis in terreni per costruirvi una meravigliosa villa ben visibile da tutta la città e caratterizzata da un imponente facciata a forma di tempio greco, dedicato al dio Marte: erano gli anni del neoclassicismo, moda architettonica che prendeva ispirazione dalla scoperta di Pompei ed Ercolano. 

Alla morte di Saliceti, la dimora passò nelle mani delle figlie che, a causa di ristrettezze economiche, furono quasi costrette a «svenderla» all'innamorato Ferdinando, tornato per la seconda volta sul trono di Napoli. In questo frangente la villa fu risistemata e sul frontone del tempio scomparvero i riferimenti a Marte e comparvero quelli relativi a Flora, divinità della natura che riconduceva la mente alla nuova proprietaria, la duchessa di Floridia, cui dobbiamo il nome dell'adiacente Floridiana. A ideare la sublime facciata della villa, già ai tempi di Saliceti, secondo de Feo fu Antonio Niccolini, l'architetto della facciata del San Carlo. A impreziosire non solo il frontone coi bassorilievi delle tre Grazie ma anche di una stupenda fontana ci pensò Antonio Canova, tra i più eccelsi scultori del tempo che si occupò della realizzazione di una statua equestre di Ferdinando al Foro Carolino, oggi piazza del Plebiscito. Non solo: la villa usufruiva di un ponte realizzato dall'architetto Errico Alvino in terracotta, che re Nasone volle testare facendovi passare sopra un carico di cannoni: non solo la struttura resse, ma ancor oggi fa bella mostra di sé nell'ammirarla dal basso, da piazza Amedeo. Una volta avviata quella che a tutti gli effetti fu la sua alcova d'amore con la Migliaccio, il sovrano decise di impiantarvi un parco per gli animali barattando con sir Accourt uno svariato numero di preziosi papiri ercolanesi per ottenere gli esotici canguri. Dopo la morte del re e della sua seconda consorte l'ampio complesso fu diviso, ma a Villa Lucia non mancarono inquilini di rilievo: il geniale architetto Lamont Young, l'industriale della pasta Alfonso Garofalo, svariati intellettuali come Vincenzo Gemito, Roberto Pane, Paolo Ricci, fino a Italo de Feo e a sua figlia Diana, senatrice e presidente della commissione cultura. Oggi la Villa continua a essere di proprietà privata ma non di rado diventa location di eventi di lusso e la si può visitare in occasione delle giornate del Fai. 

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