Soci per gestire i bar, il patto dei consiglieri vicini a de Magistris

Soci per gestire i bar, il patto dei consiglieri vicini a de Magistris
di Luigi Roano
Sabato 9 Maggio 2020, 08:00
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Due consiglieri comunali dei Verdi, Marco Gaudini e Stefano Buono - con il fratello Gianluigi Maria - l'ex consigliere comunale dei Verdi a Melito Lello Caiazza, dimessosi dall'assemblea cittadina del Comune dell'area nord di Napoli dopo che la moglie Roberta Cibelli più o meno un anno fa fu nominata dal sindaco metropolitano Luigi de Magistris amministratore unico della partecipata Armena. Osvaldo Apuleo, che di mestiere fa il manager tesoriere di demA, il movimento politico dell'ex pm e sindaco di Napoli de Magistris. Sono loro il pezzo pregiato di Arcami Group srl, la sede è in via Cervantes - cuore della city a quattro passi dal Comune - una società costituitasi il 15 gennaio e iscritta alla Camera di Commercio il 21 di quello stesso mese, di cui l'amministratore unico è Apuleo. Ultimo protocollo alla Camera di commercio il 9 marzo. Data in cui probabilmente Arcami ha iniziato a riempire di contenuti quello che è il suo oggetto. Vale a dire «l'attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande - anche alcoliche e superalcoliche - gestione di bar, ristoranti, trattorie, pizzerie, rosticcerie» e tante altre cose. Capitale sociale 50mila euro, i soci sono 13: in 7 hanno quote da 5mila euro, in 6 da 2500. Imprenditori provetti e coraggiosi visto che hanno scelto di scendere in campo nel mondo dei baretti e affini nel pieno dell'epoca del Coronavirus. Ci credono molto i consiglieri visto che la data di scadenza della società è fissata per il 2050, tra 30 anni.

Prima di completare questo racconto, è sacrosanto e obbligatorio precisare che è tutto perfettamente legittimo e legale, chiaro e trasparente con atti alla portata di tutti e facilmente consultabili. Chiarito il contesto, vale la pena approfondire qualche aspetto di questa neonata società e i suoi soci. 
 

 

Non è il massimo dell'eleganza, per esempio, che dei consiglieri comunali scelgano di fare gli imprenditori nella città dove fanno anche gli amministratori. E sono nella maggioranza che sostiene la giunta di Palazzo San Giacomo. Che puntino al settore del food in una Napoli che sviluppa economia - in questa epoca arancione - quasi esclusivamente da questo indotto. Una coincidenza sfortunata perché l'inizio è con il Coronavirus in giro e le botteghe chiuse, ma che potrebbe assumere altri connotati con la Fase 2 quando ci sarà più spazio per i tavolini esterni. In questo modo le attività dai baretti alle rosticcerie diventerebbe di nuovo un investimento appetibile. Resta il fatto che essere nel ruolo di controllore e controllato non è mai una cosa semplice da gestire se poi dentro a questa società si inseriscono parenti di primo grado come un fratello, allora tutto ancora più complesso. Di politica non si vive dicono in molti che la praticano ed è vero, anche se Buono, per esempio, è molto navigato e più volte è stato eletto al Comune e alla Regione. È evidente che la passione per questo settore è molto forte. La collaborazione con il giovane Gaudini - che aspira a entrare nella giunta del sindaco de Magistris - è recente, ma non per questo meno movimentata e priva di una storia già ricca. Buono e Gaudini sono stati pochi mesi fa al centro del cosiddetto scandalo delle «registrazioni». Iniziò a girare un audio dove i due tramavano assieme ad altri colleghi per avere appunto un posto in giunta.
 

Parole forti, solo parole verso de Magistris e nulla più. Tanto che ci fu il rimpasto e furono tagliati fuori. Però ci fu il perdono di de Magistris che alla fine della giostra mise sul piatto della bilancia le tante volte che i Verdi lo hanno sostenuto in momenti politici critici rispetto a quanto dicevano in quell'audio. Anche se in queste ore il nome di Gaudini torna a essere caldo. Non ci fu però il perdono del partito, dei Verdi, che verso Buono e Gaudini aprirono un procedimento disciplinare. Stessa sorte toccata a Caiazza, avvocato, candidato sindaco sempre a Melito, coinvolto nel giro di nomine che de Magistris innescò anche in Città metropolitana.
Doveva essere lui l'amministratore di Armena, poi qualcuno ricordò a de Magistris che non si può essere consigliere comunale e amministratore di una partecipata, c'è conflitto di interessi. La soluzione fu trovata piazzando la moglie di Caiazza al vertice della società. Anche qui il partito dei Verdi non la prese bene, tanto che Caiazza fu costretto alle dimissioni da consigliere comunale. Era un anno fa anche portavoce dei Verdi Napoli: «Non è una resa, anzi, è la volontà di far crescere ancora di più il progetto facendo fare esperienza a chi è sempre stato al mio fianco» disse Caiazza dopo le dimissioni.

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