Candidatura a sindaco: il Salva-Napoli non c'è, Manfredi verso il no definitivo

Candidatura a sindaco: il Salva-Napoli non c'è, Manfredi verso il no definitivo
di Luigi Roano
Giovedì 20 Maggio 2021, 23:46 - Ultimo agg. 22 Maggio, 09:03
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La montagna ha partorito il topolino e ha gelato l’ex rettore Gaetano Manfredi e anche il Pd. Il provvedimento varato dal Consiglio dei ministri non è certo la norma che si aspettavano per salvare i conti del Comune. E non è sufficiente per far tornare sui suoi passi Manfredi che ha già rinunciato alla candidatura a sindaco di Napoli lasciando aperto solo uno spiraglio nel caso di garanzie sul fronte finanziario. Ha lanciato l’appello per salvare Napoli, ha posto come condizione per la candidatura il Salva Comuni e la risposta arrivata dal Consiglio dei ministri è quella che per la città - almeno per i prossimi tre o quattro mesi - arriveranno solo spiccioli e nessuna legge speciale. Cosa si aspettava Manfredi? «Non c’è un atto politico formale, nemmeno un emendamento, nulla di concreto siamo ancora solo alle parole» racconta chi gli è stato vicino mentre il Consiglio dei ministri deliberava: «Così non mi candido» la sua riflessione consegnata agli amici più stretti. La sensazione è che allo stesso modo il tempo delle decisioni definitivo è arrivato anche per l’ex ministro. I partiti, su tutti il Pd, il suo riferimento politico, ma anche il M5S, sono disponibili ad aspettarlo ancora per qualche giorno non di più. Poi per la prossima settimana il nodo va sciolto, l’impasse sul candidato rischia di consumare la fresca e fragile alleanza sancita tra dem e grillini nel salottino di un bar con vista sul Golfo.

Marco Sarracino - segretario metropolitano del Pd - misura le parole però la direzione che prendono è chiara: «Con il decreto sostegni bis, il Governo sceglie di aiutare famiglie, imprese, attività commerciali, di supportare sanità, scuola, cultura ed anche enti locali.

Sono previsti infatti 500 milioni per i Comuni in difficoltà finanziarie. Questa è solo una prima risposta alle esigenze e le difficoltà che il Comune di Napoli eredita». Quindi l’ultimatum: «Il Pd e i suoi alleati continueranno a lavorare per produrre ulteriori interventi che consentiranno da un lato una ulteriore erogazione di risorse e dall’altro una seria prospettiva di risanamento dei futuri bilanci della città. Il Pd napoletano ritiene quindi che questo sia un primo riscontro alle richieste di sostegno che la lettera di Manfredi ha avanzato nell’interesse della città, e che ci siano le condizioni perché la migliore classe dirigente di Napoli, di cui Manfredi è espressione, si proponga di guidarne la rinascita». Per Sarracino è il momento del dentro o fuori, quello in cui Manfredi deve gettare il cuore oltre gli ostacoli e avere il coraggio di scommettere nell’azione dei partiti. Anche perché Sarracino ha sempre maggiori difficoltà a frenare i grillini che comunque la nomination di Roberto Fico, il presidente della Camera, non l’hanno mai messa in secondo piano. Ed è preso tra due fuochi. I deluchiani - infatti - su un candidato pentastellato potrebbero anche sfilarsi e reiterare il loro no. Come risponderà l’ex ministro a queste sollecitazioni? Trapela che anche lui non ha più intenzione di temporeggiare, ma il confine tra l’intestarsi una battaglia per Napoli da candidato sindaco e l’opzione di tirarsi fuori dalla mischia resta labilissimo. «Siamo davvero a terra» trapela dal quartier generale dei dem dove «non giurano più che non c’è nessuna ricerca di un nuovo candidato», invece giurano che la caccia al post-Manfredi è aperta, ma che se lo individuassero, lo lancerebbero solo dopo avere certezza sulle sue reali intenzioni. Dovrebbero firmare quasi un contratto. Nel Pd sono davvero scottati non solo per il sostanziale no di Manfredi, ma anche dalle decisioni del Consiglio dei ministri dove ci si aspettava la svolta e invece è arrivata una grande delusione che ha spento entusiasmi e ha plasticamente disegnato che in questo momento il candidato è una sagoma senza volto. 

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Non c’è nemmeno sotto forma di bozza una legge che riformi la contabilità degli enti locali con la quale - come accaduto per Roma - è lo Stato che si carica i debiti che i Comuni hanno contratto con lo stesso Stato sotto forma di mutui. Non c’è menzione di una norma «su misura per le problematiche dei singoli comuni», un abito cucito su misura in particolare per Napoli, Torino e Palermo. In campo il governo per ora ha messo due cose: ha rifinanziato il fondo per gli enti in deficit calando dentro mezzo miliardo. A Napoli dovrebbero andare circa 180 milioni. Un’altra anticipazione di liquidità - un altro debito - che non può essere utilizzata per tamponare il deficit che è di 2,7 miliardi. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale in una sentenza di appena un mese fa. E, in seconda battuta, ha prorogato fino a luglio l’approvazione dei bilanci degli enti per evitare la catena dei dissesti, salvando così il sindaco Luigi de Magistris almeno per due mesi. 
 

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