Europee, Pd in affanno: risiko candidature, pesa l'incognita Calenda

Europee, Pd in affanno: risiko candidature, pesa l'incognita Calenda
di Adolfo Pappalardo
Sabato 16 Febbraio 2019, 08:00
3 Minuti di Lettura
Non riuscire a presentare le liste per il congresso nazionale non sembra un buon auspicio per il Pd in vista delle Europee. E se le regionali abruzzesi, nonostante la sconfitta, facevano presagire almeno uno scatto d'orgoglio, i fatti congressuali tratteggiano uno scenario impietoso. Il termine ultimo per le liste dei candidati all'assemblea nazionale, infatti, scadeva ieri alle 18 ma è stato spostato a lunedì.
 
Da qui, dalla difficoltà a comporre le liste (due per ognuno dei candidati a livello nazionale e regionale), si capisce come per i democrat la sfida delle Europee sia uno scoglio da affrontare solo dopo il congresso del 3 marzo. Anche perché sarà la nuova leadership a tratteggiare il risiko per il voto. Non solo i candidati da mettere in campo ma, soprattutto, lo schema. Una vittoria di Zingaretti, ad esempio, aprirebbe a una lista unica con bersaniani e fuoriusciti dal Pd oltre a Leu (sul modello Abruzzo, per intenderci) mentre, al contrario, con Maurizio Martina l'allargamento guarderebbe ai centristi così come il modello governativo renziano. Roberto Giachetti e Anna Ascani invece sono per il «no» ad una coalizione modello Unione, e soprattutto al ritorno a casa di fuoriusciti e Leu. In mezzo il ruolo dell'ex ministro Carlo Calenda con il suo manifesto «Siamo Europei» firmato da Matteo Orfini a nome di tutti i candidati alla segreteria Pd. Ad appoggiare il manifesto 160mila persone sinora (a Napoli l'hanno firmato, tra gli altri, gli imprenditori Scuderi e Cimmino) ma bisogna capire come e che ruolo avranno l'ex ministro e il suo manifesto in favore di una lista unitaria. Anche perché Calenda si rivolge anche a +Europa, Verdi, Italia in Comune piuttosto che ai centristi di Bea Lorenzin e Pierferdinando Casini che poi andrebbero con il Ppe mentre Zingaretti guarda al centrosinistra classico e quindi a tutte le sigle che in Europa andrebbero nel gruppo dei Progressisti. Meno esposto Martina che parla di una lista unitaria che guardi «il lavoro del Pd fatto in alcune realtà come Milano, Brescia e Ancona». Un dilemma difficile da sciogliere prima del congresso.

I democratici sono stretti poi da un quadro generale che non vede una competizione in discesa: è noto come sarà difficile riportare alla Ue 6 eletti (compreso Massimo Paolucci, poi passato con Liberi e Uguali) dalla circoscrizione meridionale. Allora il partito segnò il punto più alto della parabola renziana arrivando a toccare uno strabiliante 40 per cento. Anzi. E stavolta non saranno più di 2-3, dicono le quotazioni interne del Pd, gli eletti. E, quindi, gli uscenti cercano appoggi e riposizionamenti. Andrea Cozzolino, appena qualche giorno fa, si è schierato con Nicola Zingaretti e conta sul suo appoggio mentre Nicola Caputo spera nella sponsorizzazione del governatore De Luca. Così come Giosi Ferrandino che però potrebbe anche decidere di candidarsi a Casamicciola, dove si vota per il primo cittadino. Sicura è una donna tra gli eletti e verrà riconfermata Pina Picierno, 5 anni fa capolista. Mentre Massimo Paolucci può sperare in una riconferma solo se il Pd eleggerà Zingaretti disposto ad aprire ai fuoriusciti. Ma i posti a sinistra non sono molti. E in questa tornata bisogna mettere in conto anche il battesimo del voto del movimento politico del sindaco de Magistris.
© RIPRODUZIONE RISERVATA