Milano città sanguisuga: «Noi, napoletani emigrati perché è più facile fare impresa»

Milano città sanguisuga: «Noi, napoletani emigrati perché è più facile fare impresa»
di Valerio Iuliano
Giovedì 14 Novembre 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:25
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L'antico «ghe pensi mi» si è rovesciato nel suo contrario. «A Milano si dialoga sempre. C'è una visione di lungo periodo ed una capacità di fare sinergia tra pubblico e privato che altrove non esistono». Ambrogio Prezioso, ex presidente dell'Unione Industriali della Campania, illustra con una fitta serie di argomenti tutte le motivazioni che spingono tanti imprenditori partenopei a spostare il loro business nella capitale economica del Paese.

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Per Prezioso, come per tanti altri, fare impresa a Milano è stato quasi inevitabile, pur volendo continuare ad investire a Napoli. «Nel 2001 - spiega Prezioso - sono andato via da Napoli. Ho preso una parte dei miei progetti e li ho sviluppati a Milano, con la società Cittàmoderna, che ha realizzato alcune tra le più importanti ristrutturazioni di immobili storici, dal Quadrilatero della moda a Foro Buonaparte, fino ad un edificio che fu la residenza di Radetzky». I tempi della burocrazia ridottissimi sono la prima ragione addotta dagli imprenditori per spiegare le differenze tra Milano e il resto del Paese. «A Napoli per ottenere il permesso a costruire occorrono 64 pareri. A Milano i pareri sono disciplinati perché c'è un nuovo Piano regolatore», taglia corto Prezioso. E il «ghe pensi mi» meneghino si è trasformato poi in una visione d'insieme che per gli imprenditori rappresenta una condizione invidiabile per fare business. «Milano - prosegue Prezioso - ha sempre agito in continuità amministrativa, quali che fossero i colori politici di Comune e Regione. È una città che riesce a prendere e a spendere bene le risorse necessarie per lo sviluppo dei territori. Se Human Technopole si fa a Milano è perché gli altri non riescono a intercettare le risorse. E l'Expo è stato pensato già in funzione di quello che doveva essere dopo». La capacità di attrarre i capitali internazionali deriva anzitutto dai servizi di una città dove tutto funziona alla perfezione, dalla sanità alla scuola fino ai trasporti. «La presunzione che Milano ha di potercela fare da sola, però, è sbagliata - argomenta ancora Prezioso - perché dovrebbe svilupparsi insieme con Genova e Torino e dare una mano agli altri territori. Lo stesso dovrebbe fare Napoli insieme con Roma per sfruttare le sue immense potenzialità. Ma qui non si fa altro che litigare».
 


Le potenzialità di sviluppo che, dalle nostre parti, restano sempre sulla carta vengono spiegate, invece, dal patron di Atitech Gianni Lettieri con un aneddoto. «Nel 1979 il mio avvocato mi diceva sempre che dovevamo trasferirci subito a Milano. Non l'ho mai fatto completamente ma già da qualche anno ho casa e uffici a Milano. A Napoli si perdono mediamente quattro ore al giorno, tra andata e ritorno, per andare a lavorare. È una città faticosa. A Milano ci si sposta in pochi minuti con la metro che circola ogni 4 minuti. È tutto più semplice. È l'unica vera capitale economica, che ha raggiunto i livelli della New York di venti anni fa». Sono due le società di Lettieri con sede a Milano. Una è Meridie, società di private equity, che è stata quotata in Borsa ed opera in tanti settori. «Sotto Meridie - dice Lettieri - c'è Atitech, che è cresciuta sensibilmente e lavora per Eurowings, Ryanair ed Airfrance ed altri vettori internazionali». Lettieri divide la settimana lavorativa tra le sue aziende nelle due città. E le differenze abissali nei tempi della burocrazia vengono sintetizzati con un altro episodio. «Un imprenditore milanese, che lavora anche a Napoli, pochi giorni fa si lamentava perché per avere l'autorizzazione alla riconversione di un opificio ha atteso un anno e mezzo. È stato comunque fortunato perché a Napoli, per avere una risposta dal Comune, ci vogliono cinque anni. A Milano, se vuoi presentare un progetto, nel giro di sessanta giorni, ti arriva la risposta».

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Anche nel settore dell'enogastronomia non mancano gli esempi di imprenditori che hanno orientato il loro business verso Milano, pur continuando a operare a Napoli. «Un ristorante a Milano è come partecipare alla Champions League di questo settore», spiega Vincenzo Politelli, proprietario del ristorante Terrazza Calabritto, aperto a Napoli da 20 anni e a Milano da due. «La concorrenza è molto più forte. La clientela ha un target più alto. Non ci sono buche nelle strade, i servizi sono perfetti e la differenza nel costo delle materie prime è solo del 10%», aggiunge Politelli. La brillantezza dei servizi, che tanto attrae gli imprenditori, si vede anche da piccoli particolari. «È la prima città in cui ho potuto pagare il biglietto della metropolitana con la carta di credito. Altrove non ci sono riuscito», spiega Diego D'Angelo, titolare, insieme con il fratello Vincenzo, della società Citelgroup, che opera nel settore della consulenza informatica tanto a Napoli quanto a Milano.
E da qualche anno i D'Angelo si sono orientati anche verso la moda con il brand Belsire. «Abbiamo un punto vendita in Piazza Venezia a Milano con il nostro brand di scarpe e accessori. A questo aggiungiamo le vendite online grazie alla nostra esperienza nel settore dell'informatica», conclude.

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