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Napoli, il pg Riello ai giovani: «Non siate indifferenti, ora lottiamo insieme»

di Giuseppe Crimaldi
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 23 Gennaio 2022, 09:21 - Ultimo agg. : 24 Gennaio, 11:35
3 Minuti di Lettura

«Napoli deve diventare una questione nazionale, e bisogna risvegliare le coscienze, a cominciare dai giovani», dicono all'unisono il presidente e il procuratore generale della Corte d'Appello del distretto giudiziario partenopeo, e hanno ragione. «È abbastanza frustrante constatare che il grido di allarme e le richieste che avevo fatto già nella mia prima relazione del 2016, e che ho ripetuto in tutte le successive relazioni nel corso degli anni, sono rimasti di fatto inascoltati», afferma Giuseppe De Carolis di Prossedi nel suo intervento alla cerimonia d'inaugurazione del nuovo anno giudiziario a Castelcapuano. Subito gli fa eco il Pg Luigi Riello, che per scuotere le coscienze di tutti - nell'affrontare la questione della devianza minorile e delle tante, ormai troppe persone perbene che fingono di non vedere e voltano lo sguardo dall'altra parte rispetto al devastante fenomeno della camorra - deve far ricorso a un episodio di ormai 41 anni fa: a quando il vescovo di Acerra, don Antonio Riboldi, sfidò Raffaele Cutolo e la camorra facendo appello ai giovani. È il passato che ritorna, è una giustizia in stato pre-comatoso.

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«Se si diventa maggioranza, si vince - dice il Pg Riello - È un appello che rivolgo soprattutto ai giovani: non siate indifferenti, non abbiate paura. Voi, insieme a noi, potete fermare questa feccia di assassini, di affaristi, di faccendieri, di vigliacchi che, se si sentiranno schifati, diciamolo brutalmente, senza perifrasi, e se ne andranno via, con la coda tra le gambe. Dimostriamo così che Napoli è grande».

Fa bene Riello a soffermarsi sui giovani. Nella città in cui si registra il maggior numero di minorenni coinvolti in reati anche gravi, come l'associazione mafiosa, in cui a 15 anni si gira con il coltello o la pistola in tasca e a 18 «si sogna di diventare boss». E allora, insiste il procuratore generale, «bando a mandolini, sceneggiate e oleografia stantia, largo ai fatti. Fatti che avranno la forza e la capacità di costruire il futuro e di seppellire la vergogna del presente». Ecco che l'episodio di don Riboldi che manifesta sotto il castello di Ottaviano, dove si era rifugiato Cutolo, non è più la cartolina sbiadita di 35 anni fa. Quell'esempio contro la Nuova Camorra Organizzata animato da un migliaio di studenti di Acerra, Pomigliano e altri centri vesuviani diventa anzi attualissimo. «Alla presenza del vescovo di Acerra quei ragazzi, rivolti ai camorristi, e alla presenza di moltissimi cittadini di Ottaviano che vivevano nella paura e fingevano di amare don Raffaele, urlarono: Voi siete la schifezza di Napoli. Don Riboldi disse: «Non me la sento di fare il pastore di un popolo che ha paura. Qui chi è anziano non ne vuol sapere, chi ha interessi preferisce il silenzio. Voi giovani, invece, avete il vantaggio di non avere interessi da tutelare. Ebbene, approfittatene e gridate il più forte possibile».

L'attualità è storia nota. Dispersione scolastica, condizioni ambientali e familiari devastanti che portano i minori a vedere nella figura dei boss di camorra un modello anziché un nemico, sottocultura e falsi miti ingigantiti anche da qualche serie televisiva remano contro. Riello ha puntato il dito contro le crescenti aggressioni che si registrano tra 14enni, frutto «di una navigazione incontrollata sul web caratterizzata da accesso senza filtri a siti che incitano all'odio e alla violenza. Giochi violenti che invitano anche all'autolesionismo. Non bastano manette e processi. Servono lavoro e alternative per i giovani delle periferie degradate».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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