Regionali Campania 2020, il Pd sceglie Mobilio: «Io, capolista senza tessera da tre anni»

Regionali Campania 2020, il Pd sceglie Mobilio: «Io, capolista senza tessera da tre anni»
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 9 Luglio 2020, 10:00
4 Minuti di Lettura

«Non ho più la tessera da tre anni, per questo non me l'aspettavo». Giordana Mobilio, 44 anni, capolista del Pd per le prossime regionali, che per ora è riuscita mette d'accordo i democrat.
 


Quindi lei è una outsider.
«Non ho mai fatto vita di partito nonostante la politica si è sempre respirata a casa mia».

Suo padre è stato sindaco di Pozzuoli.
«Dal '93 al '97 con il Pds, mio nonno Benedetto Mobilio invece era un dirigente del Pci: la sezione del partito comunista Leopardi a Fuorigrotta portava il suo nome sino a qualche anno fa perché fu lui assieme ad altri compagni a raccogliere i soldi per acquistare la sede».

La solita figlia di...
«Non direi. Ho 44 anni, un figlio di 10, ed ho sempre lavorato nel mondo della formazione. Prima al Formez sulle politiche sociali, poi alla provincia di Napoli per le Pari opportunità. Oggi mi occupo di formazione per enti privati, cercando di reinserire nel mondo del lavoro categorie e persone svantaggiate: sono dell'idea che non bisogna perdere ragazzi e persone che possono essere invece recuperate. Sarà un punto su cui caratterizzerò la mia campagna elettorale».

Poi l'altro giorno la chiamano per fare la capolista.
«Non me l'aspettavo, non ho mai fatto un percorso politico tradizionale, né vita di partito nonostante ho avuto la tessera del Pd e la mia famiglia viene dal Pci. Sono rimasta stupita, insomma, perché non era nelle mie aspettative. Poi ho saputo che il mio nome, a cominciare da tante realtà come quella di Pozzuoli, ha raggiunto un'ampia condivisione: finalmente a Napoli il Pd è un partito unito».

Infatti. E se non lo fosse stato?
«Sicuramente ci avrei pensato un po' di più prima di accettare».

Da quando non ha più la tessera del Pd?
«Da tre anni non l'ho più rinnovata».

Come mai?
«Non condividevo determinate scelte e credo di aver avuto ragione visti i risultati elettorali delle ultime politiche. Ma soprattutto non mi sentivo più in sintonia con un segretario nazionale che ha fatto una virata pesante decidendo di non parlare più ai lavoratori, ai giovani della mia generazione emigrati all'estero. Ai naturali elettori di un partito di sinistra, insomma».

Suppongo si riferisca a Renzi?
«Sì. Mi ricordava un'altra persona che ha governato 20 anni. Nonostante, sia chiaro, avessi sperato in una svolta quando si insediò alla guida del Pd».

Un giudizio su De Luca?
«Ha lavorato bene perché è riuscito a mettere in campo una serie di azioni di governo che io condivido: a cominciare dalle stabilizzazioni nella sanità e al varo del piano lavoro. Senza contare la gestione dell'emergenza Covid».

I capilista del Pd non hanno mai avuto fortuna: sempre trombati nelle urne.
«Lo so. Speriamo di poter ribaltare la situazione: io lavorerò per farmi capire dai potenziali elettori».

Chi sono?
«Innanzitutto i quarantenni, quelli della mia generazione, troppe volte invisibili e senza rappresentanza che spesso sono anche altrove perché qui non esistono percorsi seri di stabilizzazione lavorativa. In particolare le donne che si trovano davanti ad una scelta terribile: decidere se crescere i figli o lavorare perché non esiste un sistema di welfare. Parlerò a loro e a chi non va più votare perché non si sente ascoltato da questo partito».

Intanto molte candidate democrat non gioiranno perché la vedono come una catapultata:
«Me ne rendo conto, ma non lo sono e non mi sento tale. Dobbiamo fare invece una battaglia comune perché dovremmo essere in tante in consiglio regionale».

E suo padre?
«È contento ovviamente ma il primo a non aspettarselo è stato proprio lui». 

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