Tornano in strada gli operai della Whirlpool nel tentativo di scongiurare la chiusura del sito produttivo di Napoli. In circa 500 oggi hanno sfilato in corteo, sfidando il caldo, dalla stazione di Mergellina, fino alla sede del Consolato statunitense dove hanno tenuto un presidio. In corteo, insieme con gli operai di Napoli, i lavoratori degli stabilimenti di Marche, Lombardia, Toscana e Marche e i dipendenti dell'ex Embraco, dichiarata fallita oggi dal tribunale. Uniti per far sentire la propria voce e preoccupati che Napoli sia solo l'inizio del disimpegno della multinazionale americana in Italia, che ha deciso di delocalizzare. Una manifestazione unitaria cui hanno partecipato Fiom, Fim e Uilm, che, con una delegazione, sono stati ricevuta dal console americano Patrick Horne, al quale è stata presentata la richiesta di sensibilizzare l'azienda affinché ritorni sui suoi passi.
La data del 31 ottobre pende come una spada di Damocle sulle teste dei 430 operai del sito di Napoli. Il prossimo 31 luglio, a Roma, ci sarà un nuovo tavolo tra ministero dello Sviluppo economico, sindacati e multinazionale. La possibilità che Whirlpool possa cambiare idea su Napoli è remota. Non ci sono stati, ad ora, spiragli di dialogo per evitare la dismissione. E la posizione del governo, accusano i sindacati, si è via via «allineata a quella dell'azienda» perché, come ha detto Gianluca Ficco, segretario generale Uilm, «è più facile mettere una foglia di fico sulla chiusura invece di lavorare davvero per difendere l'industria». Già nel corso del tavolo degli inizi del mese di luglio, dal governo era stata manifestata l'intenzione di una reindustrializzazione di Napoli, con il coinvolgimento di Invitalia, che, però, a sindacati e lavoratori era apparsa una «soluzione fantasiosa, priva di concretezza».
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