Il «condono» dei bidelli,
12mila assunti per decreto

Il «condono» dei bidelli, 12mila assunti per decreto
di Nando Santonastaso
Mercoledì 11 Dicembre 2019, 23:00 - Ultimo agg. 12 Dicembre, 16:29
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C’è chi ha parlato di “norma perfetta”, come il deputato 5 Stelle Luigi Gallo, presidente della Commissione Cultura della Camera e sostenitore a spada tratta - come molti esponenti del Movimento - delle assunzioni di dodicimila bidelli da utilizzare, a spese dello Stato, nella pulizia delle scuole a partire dal 2020. E chi, come Lorenzo Mattioli, presidente di Anip, l’Associazione di imprese più rappresentativa del settore, aderente a Confindustria, che senza peli sulla lingua parla al contrario di «catastrofe in arrivo per i conti pubblici, con un aggravio di oltre 2 miliardi e mezzo di euro» e di «esuberi inevitabili per oltre cinquemila lavoratori». Uno scontro che nasce da più di un anno, da quando è stata approvata nella legge di Bilancio 2019 dall’allora governo gialloverde la norma che mette fine di fatto agli appalti di pulizia degli istituti scolastici nazionali e nel contempo avvia l’internalizzazione del servizio. Norma, peraltro, che non è ancora entrata in vigore e che di proroga in proroga sembra ora essere slittata all’1 marzo del prossimo anno. Lo scopo più evidente è di stabilizzare i collaboratori scolastici e in particolare gli Lsu, i Lavoratori socialmente utili (ex disoccupati, cassintegrati o impiegati nei cosiddetti appalti storici) che furono assorbiti dalle cooperative di pulizia quando si decise di privatizzare il servizio nelle scuole (fu anche accantonata per così dire una specifica quota nell’organico del personale Ata). 

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PRECARI
Secondo i promotori della legge, le cose sono andate però sempre peggiorando: gli Lsu sarebbero rimasti ancora precari mentre sarebbero aumentati i dubbi sulla trasparenza delle imprese e soprattutto i costi degli appalti esterni. Di qui la scelta di trasformare circa 12mila dei 16.800 tra Lsu e altre categorie (per metà residenti nel Lazio e nel Mezzogiorno) in dipendenti pubblici a tutti gli effetti, assumendoli senza concorso (a differenza di quanto accade per tutti gli altri dipendenti pubblici) ma in base a curricula e a requisiti non meglio chiariti, e destinando ai salari la stessa somma che oggi copre gli appalti (di qui la “norma perfetta”). Il tutto inserito in un decreto d’urgenza all’interno della riforma della scuola di cui si sta occupando attualmente il Senato. «Ma i conti sono del tutto sbagliati», tuona Mattioli. «Sta passando un messaggio di demonizzazione delle aziende di settore (cresciute dell’11,5% tra il 2013 e il 2017, con 24.500 nuovi posti di lavoro) che non ha alcun riscontro nella realtà perché le scuole in cui operiamo sono pulite e i lavoratori regolarmente pagati. Non si può dire che basta assumere qualcuno per garantire un lavoro comunque ben fatto», dice. E spiega: «I nostri lavoratori hanno contratti a tempo indeterminato e sono i terminali operativi di un settore perfettamente organizzato, di cui fanno parte circa 100 imprese, oltre 30 delle quali associate all’Anip.rme professionalità. Quando si sbandierano migliaia di assunzioni pubbliche non c’è solo un danno oggettivo per le imprese private, costrette al fallimento, ma si creano subito circa 5mila esuberi, la differenza tra la platea e i beneficiari delle assunzioni annunciate. Nessuno lo dice apertamente ma parliamo dello stesso numero di lavoratori a rischio dell’ex Ilva che riempiono da settimane le cronache». 

I NUMERI
In Campania attualmente i lavoratori assunti presso le aziende private di pulizia sono 3.864 ma i posti disponibili, in base al decreto, sono solo 2.500, con 1.300 esuberi cioè solo a Napoli, dove peraltro è riesploso il problema dei dipendenti Manital che non vengono pagati da mesi e le cui proteste hanno creato forti disagi alla città. In base ai requisiti, spiega l’Anip, i lavoratori che avrebbero diritto al cosiddetto “full time” sono ancora di meno, appena 222, tutti gli altri potrebbero avere contratti part time. «Le imprese dovrebbero accollarsi pure le spese di licenziamento anche se noi non licenziamo nessuno: la Naspi ammonterà a circa 100 milioni, roba da “cornuti e mazziati” come si dice. Ma quel che è peggio è l‘aggravio dei costi sulla Pubblica amministrazione: bisognerà dotare i neoassunti di tute, materiali e quant’altro, formarli e inquadrarli per turni e mansioni. I présidi dovranno diventare dei direttori dei lavori a tutti gli effetti e immagino già le difficoltà di tantissimi di loro. In totale due miliardi e mezzo in più per l’erario, con risorse prelevate da quelle destinate alla Cultura, per creare questo ennesimo carrozzone pubblico e 5.,50 lavoratori a casa: non è una follia?».

L’EMERGENZA 
E i présidi? Scelgono la via del pragmatismo, sia pure a maggioranza. «I nostri istituti vivono quasi tutti in emergenza, i collaboratori scolastici mancano e se il governo decide di coprire questi vuoti non possiamo che essere d’accordo», dice Paolo Marotta, irpino, presidente nazionale Andis, l’Associazione dei dirigenti scolastici.

E aggiunge: «Abbiamo il vantaggio di conoscere questi lavoratori perchè già da anni, e da tempo anche con le imprese private, si occupano di pulizia e vigilanza nelle nostre scuole. Il concorso sarebbe stato meglio ma quanto dovremmo aspettare per completarlo?».

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