Boom di baby gang a Napoli: «Minacce e coltelli, Vomero a rischio»

Due aggressioni in una settimana nel branco anche ragazzini di 12 anni

Una babygang
Una babygang
di Melina Chiapparino
Domenica 9 Luglio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 15:10
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«Baby gang con ragazzini sempre più piccoli e armati». È questo l’identikit del branco che, nelle ultime settimane, sta seminando paura al Vomero. Sabato scorso e mercoledì, sono stati messi a segno due raid violenti contro dei ragazzini presi di mira dai bulli. «Il copione che si ripete è identico alle sopraffazioni subite da mio figlio» racconta Maria Luisa Iavarone, madre di Arturo, il diciassettenne che, sei anni fa, fu accoltellato violentemente alla gola mentre passeggiava su via Foria alle cinque del pomeriggio. «L’aggressione comincia con una provocazione e gli insulti dopo i quali, la baby gang mettono in atto la sopraffazione violenta fine a sé stessa» continua Maria Luisa fondatrice di Artur, l’associazione “Adulti Responsabili per un Territorio Unito contro il Rischio” che, dal giorno dell’aggressione, porta avanti iniziative per fronteggiare l’emergenza della violenza minorile. 

«I comitati dei genitori del quartiere hanno segnalato che durante l’assalto avvenuto quattro giorni fa, a pochi passi dal parco Mascagna, i ragazzini, accerchiati e picchiati dal branco, sarebbero stati minacciati con coltelli e anche con una pistola che, ovviamente, non sapevano riconoscere se vera o meno» spiega Maria Luisa che sottolinea la giovane età dei bulli. «Dalle indicazioni che ci sono giunte, si tratta di minori tra i quali ci sarebbero anche dei dodicenni e la stessa tipologia di ragazzini, è stata descritta nell’episodio avvenuto sabato sera, a ridosso dei giardinetti di via Ruoppolo». Anche il primo luglio, l’assalto violento è stato caratterizzato dalla stessa dinamica. Dopo gli insulti e le provocazioni contro le vittime, il branco si è scagliato contro i giovani con schiaffi, pugni e spintonate per il puro gusto di farlo. «Non si tratta di azioni commesse per un fine predatorio, al contrario, la violenza è il fine non il mezzo perché chi aggredisce non ha empatia ed esprime la volontà di sopraffare il diverso, ovvero chi non accetta la sfida e non si relaziona in modo violento» spiega la presidente di Artur.

L’aumento delle azioni violente commesse da minori, spesso spinti ad agire con il branco, è documentato dai dati delle forze dell’ordine e anche dalla crescita significativa dei sequestri d’armi nelle mani dei giovanissimi, a Napoli. «Il Vomero è un quartiere a rischio perché la frequenza dei raid violenti è aumentata ma, in realtà, non ci sono vere e proprie zone al sicuro da queste azioni perché ogni luogo di concentrazione della movida è a rischio» sottolinea Maria Luisa che, più volte, ha suggerito la «delocalizzazione degli spazi per i giovani». «Creare luoghi di aggregazione, come l’idea di attrezzare il centro direzionale per la movida, consentirebbe una diversificazione maggiore dei flussi di minori e anche un maggior controllo di questi» spiega la mamma di Arturo che ha approfondito i dati choc della devianza giovanile a Napoli nel suo ultimo libro “Ragazzi che sparano”. «La quantità di questi reati è aumentata ma anche la qualità delle azioni è diventata più efferata e coinvolge sempre di più anche le ragazzine che si omologano ad un comportamento maschilista e violento». 

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«Aumentare la sicurezza e i presidi delle forze dell’ordine con un piano ad alto impatto per dare un segnale forte al territorio». Queste premesse, all’indomani dell’insediamento del nuovo questore partenopeo, sono la richiesta di aiuto dei comitati di genitori che pur essendo «contrari alla militarizzazione dei luoghi» sono convinti che «una presenza più significativa di polizia e carabinieri nelle piazze e tra le strade della movida, potrebbe essere un efficace deterrente contro le baby gang».

«L’azione principale per contrastare la devianza minorile riguarda la cultura della responsabilità educativa a cominciare dalle famiglie, cominciando dalla prevenzione mirata soprattutto nei contesti che subiscono una maggiore disagio economico, culturale e sociale» conclude Maria Luisa puntando il dito anche «sull’affiancamento dei ragazzi che dopo il carcere per minori vanno sostenuti con tutor, perché è alta la percentuale di chi torna a delinquere».
 

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