Juve Stabia, gli infiltrati del clan di camorra in curva: tessere gratis ai boss

Juve Stabia, gli infiltrati del clan di camorra in curva: tessere gratis ai boss
di Dario Sautto
Sabato 27 Marzo 2021, 23:30 - Ultimo agg. 30 Marzo, 09:10
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Lo striscione del clan sempre presente in curva a sostegno della Juve Stabia e gli abbonamenti per la serie B «regalati» direttamente a Giovanni D’Alessandro. Il clan non aveva messo le mani solo sul parcheggio delle Terme e sull’ex scuola Salvati, praticamente «occupati» dagli affiliati per i summit di camorra in libertà. Dai racconti dei collaboratori di giustizia viene fuori una miriade di interessi: dagli appalti pubblici al «classico» pizzo imposto alle aziende e ai cantieri anche in Penisola Sorrentina, ma anche la pretesa di tessere omaggio per le partite della Juve Stabia e una ditta che eseguiva lavori in subappalto direttamente nello stabilimento della Fincantieri.

 
È noto da tempo che alcuni affiliati di spicco del clan D’Alessandro sono riusciti ad infiltrarsi nella «curva Sud» del tifo stabiese. Un caso non isolato, come era del resto emerso da una relazione della commissione Antimafia che aveva messo in luce lo stretto rapporto tra molte tifoserie e la criminalità, organizzata e non. Uno dei capi ultras della Juve Stabia è Giovanni Imparato, fratello di Salvatore «’o paglialone», il boss dello spaccio del rione Savorito, entrambi storici affiliati al clan D’Alessandro. In quel quartiere, il «bronx Faito», la festa dell’Immacolata 2018 si trasformò in una festa di camorra, con un falò incendiato con un manichino impiccato e lo striscione «così muoiono i pentiti, “abbruciat”». In quel quartiere, la famiglia Imparato gestisce il business della droga. Giovanni Imparato ha già una condanna per camorra ed ora rischia altri vent’anni nel processo Sigfrido, ancora in corso presso il tribunale di Torre Annunziata e riferito a fatti di camorra di fine anni ‘90. Due anni fa, alla festa dei supporter della Juve Stabia fece scalpore la foto di un consigliere comunale proprio in compagnia di Giovanni Imparato che gli consegnava una targa: dopo qualche settimana fu arrestato il fratello Salvatore Imparato, poi condannato in primo grado a 20 anni. Lo stesso Giovanni Imparato, invece, oggi è detenuto ai domiciliari: è stato scarcerato un mese fa dopo un arresto in flagranza per spaccio di cocaina avvenuto ad ottobre.


L’infiltrazione del clan tra i tifosi – come emerge dall’inchiesta condotta dai carabinieri e coordinata dal pm Giuseppe Cimmarotta, che ha portato in settimana a 16 arresti – era «garantita» anche durante la permanenza in serie B della Juve Stabia. Innanzitutto, alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Pasquale Rapicano, parlano della gestione degli abbonamenti e descrivono un ruolo ben preciso per uno dei boss, Giovanni D’Alessandro alias «Giovannone». Il tutto appena un anno fa, quando le «vespe» militavano in serie B e la dirigenza gialloblù era rappresentata da Franco Manniello. «Era Giovannone – spiega il pentito Rapicano – a recarsi nella sede della Juve Stabia per ritirare le tessere (omaggio) da distribuire a chi riteneva più opportuno». Un racconto che è al vaglio degli inquirenti e potrebbe rappresentare una vera e propria ipotesi di estorsione aggravata da parte del clan D’Alessandro imposta alla società calcistica attraverso l’omaggio di abbonamenti ai referenti della camorra. Dalla Juve Stabia, però, non sono mai arrivate segnalazioni o denunce in tal senso. Inoltre, il clan era sempre presente in curva con il «marchio» dei D’Alessandro: uno striscione con la sigla «R*S» (Rione Scanzano e una stella a cinque punte), che compare dappertutto nella roccaforte della cosca. Il gruppo Scanzano è ritenuto uno dei più rappresentativi tra i supporter stabiesi. 

Tra le pagine dell’inchiesta, spunta anche il riferimento a Gaetano Vitale, arrestato due settimane fa perché accusato di aver partecipato all’omicidio e alla sparizione del cadavere di Raffaele Carolei. «Gaetano Vitale aveva una ditta sua dentro la Fincantieri – spiegava già nel 2012 Salvatore Belviso – e gestisce alcuni lavori, anche in subappalto».

La tecnica del subappalto imposto alle aziende aggiudicatarie delle gare ricorre praticamente in tutti i lavori pubblici: il clan D’Alessandro ha provato a infiltrarsi nel restyling di piazza Principe Umberto nel 2017, ma sarebbe riuscito ad insinuarsi direttamente in tante opere – piccole e grandi – tra cui i lavori in villa comunale. 


Tra le estorsioni di cui parla, intercettato, il boss Sergio Mosca c’è quella a un cantiere di Vico Equense, da taglieggiare a tutti i costi. E poi, anche Antonio Rossetti è interessato a un altro cantiere importante. Si tratta di un albergo in Penisola Sorrentina, per il quale uno degli emissari dei D’Alessandro si sarebbe recato a Piano di Sorrento per incontrare un imprenditore a cui imporre il racket. La Penisola Sorrentina, con la gestione di un parcheggio a Vico Equense in particolare, ritorna anche in un verbale del killer pentito Renato Cavaliere come possibile movente dell’omicidio del consigliere comunale Gino Tommasino, ucciso il 3 febbraio 2009 perché «non doveva arrivare ad un appuntamento».

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