Camorra, le risposte che mancano da 50 anni

di Francesco Barbagallo
Mercoledì 13 Ottobre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 14 Ottobre, 07:03
4 Minuti di Lettura

Finalmente è scesa in campo a Napoli un’autorità morale e politica in grado di prendere la direzione di una inedita quanto indispensabile guerra civile contro il potere dominante della camorra: l’arcivescovo don Mimmo Battaglia. «Convertitevi», è l’ultimo appello ai criminali. «La politica, abituata al sangue, resta muta», è l’estrema denuncia rivolta a chi è stato in silenzio, a Napoli e a Roma, a destra e a sinistra, per decenni. 

Tutti, politici e amministratori, incapaci di sottrarre terreno all’invasione progressiva del potere camorristico lungo tutta la grande area metropolitana distesa tra Napoli, Caserta, Avellino, Salerno.

Sono 50 anni che questa nuova forma di camorra globale ha preso il posto del processo di sviluppo, parziale ma consistente, definitivamente bloccato dalla fine degli anni ’70. Le aree industriali a Oriente e a Occidente sono diventate zone di dominio camorristico. Il centro di Napoli, da decenni, è zona di guerra camorristica, oltre ad essere principale area di insediamento delle sue variegate attività legali, a partire dai tanti esercizi commerciali. 

Soltanto nel 1985, con un ritardo di quasi un quarto di secolo, la camorra fu presa in considerazione e indagata dalla Commissione parlamentare antimafia. E sì che c’era stata la guerra quinquennale, dal 1978 al 1983, tra la Nuova camorra di Cutolo e la Nuova famiglia di Giuliano e di Alfieri, di Nuvoletta e di Bardellino, che fece più di 1500 morti. Ma già prima del terremoto del 1980, che diede vita alla «camorra d’impresa», a metà anni ’70 Umberto Ammaturo si era affermato in Perù come uno dei maggiori trafficanti di cocaina, aprendo così la strada a una inedita prospettiva internazionale della camorra, che sarebbe presto diventata protagonista sulla scena del crimine mondiale.

La politica locale e il governo nazionale hanno sempre fatto a gara nel fingere di non vedere la grande espansione della camorra contemporanea, giunta subito a fare i suoi affari anche nei paesi appena liberati dal comunismo nel fatidico 1989. La politica, nelle sue varie espressioni nazionali e locali, ha sempre cercato di ridurre l’incidenza del potere camorristico, giungendo fino a contestare le analisi più documentate sull’espansione della criminalità.

Che venivano giudicate eccessive e addirittura denigratorie di una città e di una regione il cui luminoso avvenire turistico appariva messo a rischio da questa sorta di propaganda negativa. Niente di nuovo sotto il cielo di Napoli, che aveva già visto nel dopoguerra Eduardo accusato dall’amministrazione laurina di parlare male della sua meravigliosa città.

Il fatto è che la politica in questi decenni non ha mai svolto un’azione adeguata contro l’espansione dell’invadenza criminale perché non ha mai avuto gli strumenti per mettere in campo una opposizione alternativa di qualche efficacia. Il terreno fondamentale, quello del lavoro, è stato largamente controllato e distribuito dalla criminalità sia nei tanti settori delinquenziali, che nelle varie attività legali di carattere economico e commerciale volta a volta acquisite dai clan camorristici. L’altro campo fondamentale per la persistenza del potere criminale, l’istruzione e l’educazione giovanile, è stato largamente abbandonato all’evasione scolastica e al mancato intervento per sanare le condizioni familiari più disagevoli e drammatiche.

Il silenzio sulla camorra è il segno più significativo del fallimento della politica a Napoli. La generosa e coraggiosa iniziativa dell’arcivescovo Battaglia è una novità di assoluto rilievo, che apre la strada a un ruolo politico nuovo della Chiesa nell’area metropolitana di Napoli. Lo Stato finora è stato presente nella lotta alla camorra con l’azione efficace della magistratura e delle forze dell’ordine. Ma non è sufficiente per togliere terreno al predominio criminale. La politica dovrà risvegliarsi da un lungo torpore, condividere concretamente le iniziative già messe in campo meritoriamente dall’arcivescovo di Napoli e definire rapidamente nuove iniziative che riportino la città e la regione in una prospettiva rinnovata di sviluppo economico e di rinascita civile.

© RIPRODUZIONE RISERVATA