Pd, gli errori che lo fanno restare nel guado

di Domenico Tuccillo
Domenica 17 Gennaio 2021, 00:00
4 Minuti di Lettura

Piaccia o non piaccia Renzi (e certamente ai più non piace), la linea scelta dal Pd di accodarsi al fuoco di sbarramento del presidente del consiglio contro l’ex rottamatore, o, come pure è stato denunciato da alcuni, di “morire per Conte”, è stato un grave errore politico. 

Un errore di cui già si registrano le conseguenze. E che, se dovesse prevalere la logica della conta, ancora più si registreranno nei prossimi giorni. 

Cosa avrebbe dovuto fare il Pd? Ciò che non ha saputo o voluto fare Conte: ricucire, dopo la maggioranza sancendo una propria centralità politica, ricondurre gli attori di questa surreale vicenda, camuffata e spacciata maldestramente da ambo le parti come un’estrema sfida in nome del bene del Paese, alle proprie responsabilità. E invece, dopo qualche esitazione iniziale, è stato proprio Zingaretti a dare fuoco alle polveri, lanciando l’anatema contro Renzi, tacciandolo, non senza ragione, ovviamente, di inaffidabilità politica. Ma finendo così anche per consegnarsi armi e bagagli nelle mani di Conte e dei “responsabili”. Una rinuncia ad esercitare il proprio ruolo francamente incomprensibile.

In realtà, la crisi innescata da Renzi, anche se prodotta con le peggiori intenzioni, poteva e doveva essere, proprio per il Pd, un’occasione da sfruttare per volgerla al meglio. Non è proprio questo in fondo il compito di una politica esperta ed avvertita, non esposta ai venti delle opinioni mutevoli e degli opportunismi personalistici, quale dovrebbe essere quella dell’unico partito di tradizione novecentesca rimasto ancora sulla scena? E non è stato proprio Zingaretti, in particolare dopo le elezioni regionali, a dire che era giunto il tempo per una seria messa a punto dell’operato del governo? Che era necessario un cambio di passo? Che bisognava stringere un patto politico e di governo di fine legislatura? Che questa verifica non era più rinviabile? Dichiarazioni improvvisamente esalate come spirali di fumo sotto il fuoco dell’iniziativa renziana, e che, ciò nonostante, in queste ore, il segretario del Pd torna a ripetere pedissequamente, schiacciato, come si trova ad essere, nella morsa tra Conte e “i responsabili”.

Il Pd, insomma, rischia seriamente in questo passaggio di sacrificare sé stesso e di abdicare a quel ruolo che dovrebbe essere proprio di una forza politica credibile e centrale. Con quale risultato? Quello, appunto, di incoronare Conte, additato fino a qualche giorno fa di scarso decisionismo, di doroteismo strisciante e di indebito accentramento dei poteri, come leader indiscusso e insindacabile della maggioranza che lo sostiene. Quello di rinunciare ad emendare seriamente un’azione di governo di cui ci sarebbe sicuramente bisogno: a partire dalla approssimazione, superficialità e ritardo con cui è stata predisposta la prima versione del Recovery, che resta a tuttora, per quanto migliorata, molto carente; a finire alla predisposizione di un programma non fumoso di riforme, ripetutamente e inutilmente richiesto, indispensabili per dare attuazione al più grande piano di investimento della storia del nostro Paese. 

Ma, al netto di questa pericolosa rinuncia, è chiaro che il posizionamento del Pd in questa crisi, se resta immutato, può sfociare solo in due nefaste direzioni. O Conte non riuscirà a trovare i numeri in Parlamento, decretando così il successo di Renzi, ma a costo di aprire una fase di fibrillazione politica difficilmente governabile e dagli esiti imprevedibili. O il successo dell’operazione trasformista dei “responsabili” (in perfetta linea, non c’è che dire, con la “natura tartufesca” del premier) consegnerà il pallino delle prossime scadenze e appuntamenti elettorali interamente nelle mani dell’attuale capo del governo. Perché è chiaro che, a quel punto, è davanti a Conte, e solo davanti a lui, che si aprirà l’unico spazio politico ancora disponibile, per quanto precario e limitato, di crescita e di leadership. A tutto danno, ovviamente del Pd. Al quale non resterà, appagato finalmente di essersi liberato dell’incubo Renzi, che misurare e contemplare il proprio perimetro rassicurante di modesta forza di complemento.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA