Imprenditori e commercialisti non hanno dubbi: i contributi a fondo perduto per le micro e piccole imprese che hanno subìto pesanti cali di fatturato per via del Covid-19, introdotti dal decreto Rilancio e riproposti ieri dal Dpcm del governo, hanno funzionato finora meglio delle altre misure di sostegno varate dall’inizio della pandemia. Meglio della Cassa integrazione, specialmente di quella in deroga, che non tutti gli aventi diritto hanno ancora ricevuto; e anche dei prestiti garantiti al 100 per 100 dallo Stato, soprattutto quelli fino a 30mila euro, che pure sono stati molto gettonati anche al Sud dopo una complicata partenza in salita. Tipologie e destinatari diversi, è vero, ma i contributi a fondo perduto hanno funzionato talmente bene che i 5 miliardi stanziati sono andati esauriti ben presto. E il governo, come ha spiegato a settembre il ministro dell’Economia Gualtieri davanti alle Commissioni riunite Bilancio e Finanze, ha dovuto recuperare le risorse occorrenti «spostandole da altre misure che hanno tirato di meno».
Insomma, è stato speso tutto, anche se si è temuto ad agosto per le domande presentate a luglio, visto l’esaurimento dei soldi. A poco più di un mese dall’avvio della presentazione delle domande, il 15 giugno, si era già capito che la misura avrebbe sfondato. A luglio le somme accreditate direttamente dall’Agenzia delle Entrate sui conti correnti di imprese, commercianti e artigiani e più in generale del popolo delle partite Iva ammontavano a circa 3 miliardi, per un importo medio di 3.258 euro.
«In dieci giorni dall’accettazione della domanda il contributo a fondo perduto sarà accreditato sul conto corrente del richiedente» spiegò in quei giorni il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini. E i fatti gli hanno dato pienamente ragione: «È successo esattamente così – conferma Enrico Maria Guerra, dottore commercialista di Torre del Greco – perché la facilità delle procedure, la possibilità di cumulare il contributo con i prestiti garantiti completamente dallo Stato e direi anche l’assoluta autorevolezza dell’Agenzia, capace di verificare subito se ci sono i requisiti per accettare l’istanza, hanno permesso tempi molto brevi per il pagamento delle somme. Non saranno stati magari sempre dieci o quindi giorni ma in assoluto non si è mai andati oltre, a mia conoscenza, i 30-35 giorni. Se paragoniamo queste scadenze a quelle delle altre misure di aiuti e sostegni alle imprese o alle famiglie in questi mesi, la differenza è notevole».
Due i requisiti in vigore finora, che probabilmente verranno ribaditi anche per questa nuova tranche di erogazioni. Ricavi o compensi 2019 non superiori a 5 milioni di euro e un fatturato inferiore di due terzi rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno. Si era stabilito altresì un contributo minimo di mille euro per le persone fisiche e di 2mila euro per le società. Lo schema dovrebbe essere riconfermato nel decreto di novembre nel quale sarà prevista la necessaria copertura. Si parla di circa due miliardi, e quel che più conta, già reperiti secondo quanto assicurato ieri dal premier Conte. Nell’Italia dei ritardi spesso inspiegabili e immotivati e degli annunci spesso infondati, i dubbi restano ma ora sbagliare sarebbe a dir poco insopportabile.