Coronavirus, sette task force e 137 esperti: la babele per decidere la fase 2

Coronavirus, sette task force e 137 esperti: la babele per decidere la fase 2
di Valentino Di Giacomo
Mercoledì 15 Aprile 2020, 23:00 - Ultimo agg. 16 Aprile, 15:27
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Un super-commissario, sette commissioni tecnico-scientifiche, almeno 137 consulenti, oltre alle altre strutture già presenti in pianta stabile, con migliaia di esperti, come l’Istituto Superiore e del Consiglio Superiore di Sanità. Da quando è iniziata l’emergenza Coronavirus, oltre ai contagi, si sono moltiplicati in fretta anche gli organismi nominati da governo e ministeri. Una selva di incarichi, consulenze, missioni che non di rado agiscono senza una cabina di regia. Basti pensare a tutti gli interrogativi che animano la cosiddetta «Fase 2» e ai tanti pareri discordanti dei vari esperti sul se, come e quando riaprire le prime attività economiche rimaste fuori dall’elenco di quelle giudicate essenziali. Chi avrà l’ultima parola? I guru dei temi sanitari o economici? Senza contare i super-consulenti chiamati dai governatori nelle singole Regioni come Guido Bertolaso in Lombardia o il virologo Pierluigi Lopalco in Puglia.

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Nomine su nomine. 39 persone compongono la flotta alle dipendenze del Commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus, Domenico Arcuri. Di 17 unità è composto invece lo staff della task force per la «Fase 2» di Vittorio Colao, 21 persone sono nel Comitato operativo della Protezione Civile al quale vanno ad aggiungersi i 12 componenti del Comitato tecnico-scientifico. 74 membri sono nella task force «Data drive» voluta dal ministro dell’Innovazione, Paola Pisano, per trovare soluzioni hi-tech come le app di tracciamento dei contagiati, altri 13 consulenti sono nel direttivo del ministro delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, denominato «Donne per un nuovo Rinascimento». Imprecisato il numero di consulenti del ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, nella task force per la didattica a distanza. C’è poi la commissione anti-fake news con altri 8 consulenti, voluta dal sottosegretario all’Editoria, Andrea Martella. Anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha nominato un proprio esperto: l’ex presidente dell’Iss, Walter Ricciardi.
 


L’ultimo comitato tecnico-scientifico arrivato in ordine di tempo, su nomina del premier Conte, è quello presieduto da Vittorio Colao. La task force guidata dall’ex ad di Vodafone, istituita lo scorso 10 aprile, conta 17 componenti di altissimo livello tra giuristi, economisti ed esperti con competenze prevalentemente economiche. Molti i nomi di spicco, noti anche all’estero. L’obiettivo del comitato è far ripartire in fretta l’economia e immaginare modi e priorità della cosiddetta “Fase 2”, non prima però di aver sentito i pareri delle altre commissioni. Su tutti conterà probabilmente il parere di Domenico Arcuri, il commissario straordinario per gestire l’emergenza. Arcuri può avvalersi a sua volta di uno staff di 39 persone, alcuni di questi provenienti dalla Campania come il global advisor Massimo Paolucci, già al fianco di Antonio Bassolino ai tempi dell’emergenza rifiuti. Da Napoli arriva anche l’ex colonnello dell’Arma, Rinaldo Ventriglia, per il controllo su voli e logistica. Tutte personalità con curriculum di rispetto, ma nel dedalo di commissioni, pareri e veti incrociati, il rischio concreto è che questi board straordinari, voluti per snellire e rendere più agili le decisioni, finiscano per ingolfare ancor di più la catena di comando.

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Già sono diversi i casi di conflitti di attribuzione che si sono venuti a creare tra le strutture commissariali e quelle ordinarie. Basti pensare alla questione del reperimento delle mascherine e la difformità di direttive poste in essere dal super commissario Arcuri e dal direttore generale dell’Agenzia delle dogane, Marcello Minenna. Il commissario, lo scorso 28 marzo, ha firmato un’ordinanza che autorizza lo «sdoganamento diretto» dei dispositivi di protezione, ma l’Agenzia delle dogane è dotata, per i casi eccezionali, già di un proprio lasciapassare ancor più incisivo: il «Codice verde» utilizzato per sdoganare in urgenza alcune spedizioni vitali in arrivo dall’estero. Una duplicazione di interventi, a volte dannosa. Indicazioni discordanti o ridondanti come quelle che arrivano da chi è nel board dell’Istituto Superiore o nel Consiglio Superiore di Sanità rispetto a chi siede negli organigrammi commissariali per programmare la ripartenza dal lockdown. A Conte e al governo spetterà comunque decidere chi ascoltare e poi decidere per la «Fase 2», ma altrettanto faranno le singole Regioni. Non a caso se il Veneto ha già adottato un lockdown più soft, altri governatori come Vincenzo De Luca, in Campania, mantengono un atteggiamento più prudente.
Il rischio, al di là dell’assenza di parlamentarizzazione delle decisioni, è che per fare presto si proceda ancor più lentamente e con più confusione. 

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