L’Islanda è una delle aree più attive dal punto di vista sismico e vulcanico. È un’isola di fuoco e di ghiaccio, dove la natura detta ritmi che altrove non sono neanche immaginabili. Il luogo più giovane del pianeta con i suoi 20 milioni di anni, somma sia gli effetti di un hot spot, cioè un punto caldo, che della dorsale atlantica in cui due placche dell’oceano, nord americana ed euroasiatica, si allontanano tra loro. A dirla tutta, l’Islanda è proprio l’emersione in superficie della dorsale atlantica, e lungo la sua giunzione presenta numerosi vulcani attivi. Nonostante queste condizioni ambientali così complicate, ci vivono circa 350mila abitanti e la visitano due milioni di turisti all’anno, e se periodicamente un vulcano erutta, difficilmente si sono creati problemi alla popolazione, tranne che per i voli aerei, poiché le nubi di polveri e gas possono rappresentare un rischio.
Stavolta però è tutto diverso: il timore di una grande eruzione del vulcano Fagradalsfjall ha portato la Protezione civile locale a predisporre l’evacuazione della cittadina di Grindavik (circa 3.700 abitanti) la scorsa settimana, dopo l’allarme degli scienziati dell’IMO (Icelandic Meteorological Office) e dell’Università dell’Islanda.
Il vulcano Fagradalsfjall si trova a circa 40 chilometri dalla capitale Reykjavik. La sismicità legata all’intrusione del magma rimane alta e costante, secondo l’Icelandic Met Office che esegue sorveglianza e monitoraggio. Circa 1.700 terremoti sono stati registrati in 24 ore (dalle 15 di venerdì alle 15 di sabato), 1.000 quelli registrati dalla mezzanotte. Il più forte terremoto delle ultime 24 ore ha avuto una magnitudo di 2.8 e si è verificato vicino ad Hagafell, a 3,5 chilometri da Grindavík, che resta una città fantasma. Eppure è una delle mete più amate dagli islandesi e dai turisti per la famosa Laguna Blu, una piscina termale che rappresenta una delle attrazioni turistiche più visitate, chiusa fino al 30 novembre per precauzione.
Da venerdì, intanto, l’Etna è passato dal livello di allerta da Verde a Giallo. Dalla serata del 12 novembre, il vulcano siciliano è infatti tornato in eruzione, con spettacolari fontane di lava alte centinaia di metri e una densa nube eruttiva carica di materiale piroclastico (cenere e lapilli). Si tratta del terzo episodio parossistico dell’anno, dopo quelli del 21 maggio (evento completamente invisibile a causa delle cattive condizioni meteorologiche) e del 13-14 agosto. Lo Stromboli, invece, prosegue a eruttare con attività di tipo stromboliano di intensita ordinaria, accoppiata a colate laviche lungo la Sciara del Fuoco.
Il Centro Nacional de Prevención de Desastres messicano venerdì ha avviato il passaggio al livello di allerta Gialla Fase 2 per il temibile Popocatépetl, con il divieto di avvicinarsi al vulcano e soprattutto al cratere, a causa del pericolo della caduta di frammenti incandescenti. Il vulcano, a circa 70 chilometri da Città del Messico, è in eruzione dal 2005 con periodi più o meno intensi di attività. In Guatemala, altra area molto attiva dal punto di vista vulcanico, ha tre vulcani in eruzione attualmente: Payaca, Santianguito e Fuego in allerta Gialla Fase 2. Quest’ultimo però oltre alle fumarole, presenta eventi esplosivi da deboli a moderati accompagnati da cenere. Situazione assai simile a Dukono, in Indonesia, con fitti pennacchi di cenere che si alzano fino a un chilometro sopra la vetta del vulcano, e boati continui. Il Mayon, in Perù, ha invece ripreso a eruttare lava, con cadute di roccia e occasionali flussi piroclastici. In questo caso il livello di allerta è ancora sul livello Arancione Fase 3 e i voli vicino alla vetta sono stati interdetti.