Addio al vecchio capotreno, ​una fetta di storia d'Italia

di Nando Santonastaso
Mercoledì 28 Luglio 2021, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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Nell’Italia cresciuta tra i vapori di locomotive sbuffanti, emigrati e pendolari erano una istituzione, un’autorità riconosciuta, l’unica praticamente. Talmente autorevole e spesso anche autoritaria che nemmeno i più celebri sketch televisivi (ricordate Totò che si sbarazza delle valigie di compagni di viaggio indesiderati in un caotico scompartimento di prima classe?) riuscivano a scalfire. 

Poi vennero i treni veloci e superveloci, le divise firmate e nuove responsabilità ma non al punto da rinunciare all’uomo o alla donna con il fischietto per segnalare al macchinista che si può partire (e a tutte le altre incombenze contrattuali). Un ruolo, un lavoro, una competenza peraltro che in certi Paesi non hanno più spazio: a Dubai, per citare uno dei tanti esempi possibili, i treni che collegano l’aeroporto alla città sono completamente automatici, niente personale a bordo per intenderci. Un algoritmo e via. Da noi non è ancora il momento ma proprio per questo colpiscono le preoccupazioni sul futuro dei capotreni manifestate in queste ore dai sindacati che rappresentano gli autoferrotranvieri. Una direttiva europea lascia alle aziende ferroviarie la possibilità di sostituirli con nuove figure capaci di assumere ulteriori responsabilità sull’ampio fronte della sicurezza del convoglio e dei passeggeri. Per la verità niente impedisce alle aziende stesse di sottoporre i capotreni ad adeguati step formativi per evitare di privarsene ma in un Paese nel quale si diffida ormai anche del buon senso, dubbi e sospetti si sono diffusi rapidamente. 

Al centro del contendere c’è la bozza del nuovo Regolamento per la circolazione ferroviaria dell’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali (Ansfisa), che di fatto non nomina più la figura del capotreno. Ai sindacati l’Agenzia, ha spiegato che il regolamento non lo vieta assolutamente e in ogni caso in sede di trattativa si terrà conto delle loro osservazioni sulla figura del capotreno. Vedremo. Di sicuro il nuovo Regolamento, spiega l’Agenzia, mira a fortificare le funzioni delle professionalità che sulle infrastrutture e sui treni hanno il compito di garantire la sicurezza. Il testo, viene spiegato, in linea con le indicazioni delle normative europee, non può nominare il capotreno come l’unica soluzione possibile, ma deve necessariamente lasciare alle imprese la possibilità di garantire la sicurezza impiegando figure professionali, coadiuvate da adeguata tecnologia e organizzate nel modo più efficiente per garantire la sicurezza.

Qualche incognita per la verità rimane anche se Trenitalia, considerando fondamentale la figura del capotreno, ritiene che il tema sia ancora in fase di discussione da parte delle autorità competenti; mentre da Italo fanno sapere che non ci saranno cambiamenti né di responsabilità né di mansione per quel ruolo. È un fatto però che negli ultimi anni numerose aziende ferroviarie europee hanno già deciso di togliere il capotreno da alcuni treni, lasciando ad operare un solo macchinista con inevitabile corollario di polemiche e contenziosi con le organizzazioni sindacali. 

Il nuovo regolamento italiano, dopo la fase di consultazione con tutti i soggetti interessati, va notificato all’Agenzia ferroviaria europea (Era) entro fine anno e quindi è destinato ad entrare in vigore non prima del 2022.

Se ne può dunque ancora discutere con relativa serenità senza peraltro dimenticare che il trasporto ferroviario, da noi come in tutto il mondo, è comunque obbligato ad affrontare le sfide della modernità e dell’innovazione tecnologica e che, di conseguenza, prevedere a medio termine nuovi assetti organizzativi sarà inevitabile. Che questo debba passare anche per un riassetto di ruoli e funzioni del personale è sicuramente probabile, come gli stessi sindacati sanno. Ed è altrettanto indubitabile che nessuna priorità può essere superiore a quella della sicurezza. Resta da chiedersi se si possa rinunciare a quel patrimonio di esperienza e affidabilità dei capotreni e non solo dei più anziani che è ormai un valore aggiunto per le loro aziende. Perché sui treni italiani la qualità del personale è migliorata di molto anche tra i più giovani, segno che investire su di loro ha dato buoni risultati. Non era scontato, ma è certamente un buon punto di partenza, con o senza fischietti, per costruire il futuro del trasporto su rotaia, magari anche al Sud dove certi servizi sono ancora un miraggio.  

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