Fiscalità di vantaggio, tre negoziati
per avere il disco verde dall’Ue

Fiscalità di vantaggio, tre negoziati per avere il disco verde dall’Ue
di Nando Santonastaso
Sabato 8 Agosto 2020, 23:04 - Ultimo agg. 9 Agosto, 14:53
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Parlare di una trattativa già avviata è decisamente azzardato anche se contatti e relazioni informali sono sicuramente in corso. Ma che all’Italia occorreranno ben tre negoziati in uno, per usare una formula matematica, per ottenere dall’Unione europea il via libera alla fiscalità di vantaggio per le imprese che operano nel Sud, sia per quest’anno sia per il futuro, è certo quanto inevitabile. Nel senso che il disco verde di Bruxelles, anche in una situazione di emergenza come quella prodotta dalla crisi Covid, resta indispensabile, specie per aiuti territoriali come quelli decisi l’altro giorno dal governo di Roma. Ma se fino a un anno fa l’ok dell’Ue in questa materia assomigliava molto ad un lancio nel vuoto senza paracadute, ora le cose sono cambiate. E potrebbero cambiare ulteriormente dopo la fine dell’emergenza, permettendo all’Italia (e ad altri Paesi che volessero seguirne la strada) di rendere strutturale la misura sul lavoro nel Sud. I precedenti che incoraggiano la scelta dell’esecutivo non mancano, del resto. Vediamo cosa può accadere.

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LE DEROGHE
Per effetto della pandemia, la Commissione ha autorizzato regimi di sostegni temporanei in deroga alle norme sugli aiuti di Stato fino al 31 dicembre di quest’anno. In questa fascia temporale, dunque, l’avvio della fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno dovrebbe essere assicurata, sia che la si intenda coprire con risorse europee (il Recovery Fund, ad esempio) sia che si utilizzino fondi nazionali (circa un miliardo e 130 milioni, secondo le stime del ministro per il Sud Peppe Provenzano). In ogni caso l’Italia dovrà spiegare a Bruxelles perché ha deciso di ridurre il peso fiscale solo alle imprese del Mezzogiorno e ai loro occupati e dunque avrà comunque bisogno di un via libera, forse il meno complicato. E siamo al primo negoziato. Contemporaneamente, e siamo già al secondo negoziato, dovrà chiedere che la misura diventi strutturale e per un certo numero di anni (dieci quelli ipotizzati da Roma) anche dopo che cesserà (per ora dall’1 gennaio 2021) lo stop agli aiuti di Stato. È forse la parte più delicata dell’intera trattativa alla quale seguirà comunque quella relativa alla tipologia di risorse da impiegare (per ora si è parlato di oltre 4 miliardi con percentuali a scalare anno per anno): fondi europei o risorse nazionali?
L’Italia ha ottime carte da giocare anche se potrebbe in sede negoziale dover rivedere qualche punto della misura. Intanto giocano a suo favore importanti precedenti: in occasione del terremoto nelle regioni del Centro, ad esempio, l’Ue ha autorizzato deroghe per garantire aiuti straordinari anche alle aree in cui non sarebbe stato possibile in base alla loro classificazione con i parametri europei (in Abruzzo non tutti i territori sono classificati come obiettivo convergenza, ad esempio). Ma anche nel 2008, in piena crisi da mutui subprime, Bruxelles autorizzò il regime temporaneo di aiuti per sostenere le economie europee travolte dallo tsunami finanziario, prorogando per altri due anni la stessa deroga. Sul piatto della bilancia, poi, va posto il più forte peso politico dell’Italia nei confronti dei partner europei, come si è visto nella trattativa sul Recovery fund. Insomma, non sarà una passeggiata ma il triplice negoziato (che peraltro dovrà essere definito con l’apposita Direzione generale dell’Ue entro la fine di quest’anno) sembra poter sorridere alle legittime aspettative nazionali e meridionali, in particolare.

I TEMPI
In ogni caso, la misura sarà “operativa” dal prossimo primo ottobre e fino al 31 dicembre, permettendo alle imprese private del Sud un taglio al costo del lavoro del 30% e coinvolgendo una platea di circa 3,5 milioni di lavoratori. La decontribuzione del 30% dovrebbe essere mantenuta fino al 2025, per poi passare, a scalare, al 20% fino al 2027, e al 10% fino al 2029. Va ricordato che la fiscalità di vantaggio «è riconosciuta a chi opera in Regioni che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75 per cento della media Eu27 o comunque compreso tra il 75 per cento e il 90 per cento, e un tasso di occupazione inferiore alle media nazionale». E questo è proprio il Sud. 
 

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