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Frana a Ischia, si indaga sullo spreco dei fondi: tre progetti di bonifica mai realizzati

Nulla di fatto, ma parte dei finanziamenti è andata ai consulenti

A Ischia continuano le ricerche dei dispersi
A Ischia continuano le ricerche dei dispersi
di Leandro Del Gaudio
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 30 Novembre 2022, 00:00 - Ultimo agg. : 23:01
5 Minuti di Lettura

Un vertice in Procura per dare inizio all’inchiesta sul dramma - l’ennesimo - che si è abbattuto sabato scorso sul comune di Casamicciola. Siamo ai piani alti, quando i magistrati titolari dell’inchiesta incontrano i carabinieri forestali, con un obiettivo preciso: delimitare l’area nella quale verranno messi in campo verifiche e controlli, atti irripetibili (a mo’ di incidente probatorio) per accertare responsabilità e dinamica della voragine che ha devastato la vita di almeno dodici persone.

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Ma quello degli atti irripetibili è solo uno degli aspetti dell’inchiesta condotta a Napoli. C’è un filone investigativo che abbraccia altri due aspetti, destinati a rimanere strettamente intrecciati: la storia delle segnalazioni inascoltate, parliamo delle 23 pec spedite dall’ex sindaco di Casamicciola Giuseppe Conte (che fanno i conti con la mole di sos indirizzate a unità di crisi e enti locali, ndr); ma anche il tragitto lento e tortuoso (se non addirittura involuto) di tre progetti di bonifica, che - destino beffardo - riguardavano le barriere da mettere in campo contro il crollo di quell’ammasso-killer di pietre e fango che abbiamo conosciuto sabato.

A cosa facciamo riferimento? Nessuna volontà da parte dei pm di sparare nel mucchio o di criminalizzare in modo sommario chi ha lavorato in questi anni sul caso Monte Epomeo, ma c’è voglia comunque di andare a fondo. Inchiesta condotta dal pm Stella Castaldo, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Simona Di Monte e della stessa procuratrice Rosa Volpe, si punta ad acquisire le carte e le testimonianze della storia dei tre progetti mancati: delle tre bonifiche mai andate in porto, rimaste clamorosamente al palo, nonostante ci fossero i soldi (e il tempo) per svuotare i canali, gestire gli alvei e creare dei sistemi di terrazzamento (modello Sarno) che avrebbero ridotto di gran lunga l’impatto di una sciagura naturale provocata dal cattivo tempo. Ma andiamo con ordine, proviamo a fare un focus - seguendo la traiettoria investigativa - sul lavoro condotto in queste ore dai magistrati. 

C’è una prima tranche di denaro pubblico, che giace - almeno in gran parte - in una banca. Soldi sbloccati, finanziamento assegnato, progetto al palo. Parliamo dei 180mila euro sbloccate in grande urgenza nel 2010, per fare fronte alla alluvione del 2009, che aveva flagellato Casamicciola, provocando la morte di una ragazzina di 15 anni. Su questo appalto rimasto al palo, esiste una relazione dell’ex sindaco di Casamicciola Giuseppe Conte, che scandisce i tempi di un’opera mai fatta: la pulizia degli alvei. Eppure, fu nominato un commissario nel 2010, poi la competenza venne assegnata alla Regione, in una sorta di rimpallo che impegna Palazzo Santa Lucia (e il suo assessorato) e lo stesso sindaco di Casamicciola. Storia nota. Si arriva al 2017, data che fa da spartiacque anche per altre opere mai portate a termine, quando il terremoto impone altre urgenze e altri capitoli di spesa. È il tempo della ricostruzione. Il mood è cambiato. Ma cosa è rimasto dell’appalto da 180mila euro? Secondo i bene informati, almeno 50mila euro sono stati impegnati per le consulenze (i rilievi geologici), soldi sbloccati subito per i vari pareri, in uno scenario in cui la riqualificazione degli alvei è rimasta lettera morta. 

È il secondo appalto, su cui c’è volontà di fare chiarezza. Parliamo di 3 milioni e 100mila euro per “un intervento a monte” del gigante Epomeo. Era un intervento mirato sul costone, sulla vegetazione che si era accumulata, sui massi ritenuti pericolanti. Anche in questo caso, il progetto ritorna sull’isola, di rimbalzo dalla Regione, con la delibera 476 del 2017, che dispone che l’ente attuatore diventa il comune di Casamicciola. Inutile dire che anche in questo caso, il progetto non decolla, nonostante la presenza di soldi che potevano essere sbloccati con la procedura di somma urgenza e che garantisce di dare inizio a procedure di appalto in emergenza, in una sorta di sprint amministrativo. Nulla da fare. 

L’ultimo capitolo di questa storia (almeno si spera) impegna un milione e centomila euro, che avrebbero dovuto garantire interventi concreti proprio nel cosiddetto alveo La Rita, quello maggiormente interessato alla voragine di sabato mattina. Tre procedure, tre delibere, tre storie che ora meritano di essere approfondite, alla luce del carteggio spedito in Procura e delle eventuali testimonianze che saranno raccolte nel corso di un fascicolo che – conviene ribadirlo - è al momento contro ignoti.

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Ma c’è anche un altro aspetto che ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, ovviamente al riparo dalle indagini in corso. È il caso delle demolizioni degli edifici abusivi. Un trend in crescita sul nostro territorio, grazie al lavoro messo in campo dai vertici del distretto di corte di appello di Napoli, a partire dal procuratore generale Luigi Riello e dall’avvocato generale Antonio Gialanella. Dal 2017 ad oggi si va avanti con circa cento demolizioni l’anno, almeno per quanto riguarda i fascicoli assegnati al pg, dopo un processo di corte di appello che si conclude con una riforma rispetto alla condanna di primo grado.

Proviamo ad analizzare i numeri: 61 demolizioni nel 2018; 121 nel 2019; 96 nel 2020; 84 nel 2021. Ed è possibile, alla luce di questi dati, anche fare un focus su Ischia, dove i numeri sono bassi anche se raddoppiano rispetto al primo novero di interventi sull’isola verde. Ecco il ragionamento: se dal 1996 al 2017 sono state fatte 10 demolizioni; dal 2018 al 2022, sono stati 20 gli abbattimenti messi a segno. Spiega al Mattino l’avvocato generale Antonio Gialanella: «Vanno considerate le gravissime responsabilità delle pubbliche amministrazioni locali, che mai hanno vigilato computamente sui territori di rispettiva competenza per stroncare il fenomeno dell’abusivismo»; mentre un affondo investe anche la «politica nazionale che ha mandato irresponsabili segnali, almeno da parte di taluni, al popolo di costruttori abusivi, anche in occasione delle ultime consultazioni elettorali». Uno scenario che ora attende verifiche e testimonianze, nell’ultimo processo alle bonifiche fantasma e ai soldi rimasti nel cassetto (al netto delle consulenze doverosamente elargite). 

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