Giusy Ferreri lancia un messaggio: «Occhio a quello che bevete nei locali»

di Andrea Spinelli
Domenica 2 Agosto 2015, 23:12 - Ultimo agg. 23:22
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Torna Giusy Ferreri. E lo fa sulla scia di «Roma-Bangkok», il singolo della rapper romana Baby K in cui figura come ospite speciale. Giusy, al secolo Giuseppa Gaetana, classe 1979, chiuderà ad Agerola la trentacinquesima edizione di «FiordilatteFiordifesta»: appuntamento alle 22.30 in piazzale San Pietro Apostolo, nella frazione Pianillo. Con lei sul palco Andrea Torresani al basso, Andrea Polidori alla batteria, Simone D’Eusanio al sinth e violino elettrico, Enrico Brun al piano e tastiere e Roberto Giribardi alle chitarre per ripercorrere una carriera partita meglio di quanto il presente racconti. In scaletta «Non ti scordar mai di me», «Novembre», «Piccoli dettagli», «Stai fermo li», «Il mare immenso», fino alle canzoni dell’ultimo disco «L’attesa» (2014).

Ma in queste notti esagerate di bravate ad alto tasso alcolico e di sballi ravvicinati del terzo tipo che hanno portato pure alla chiusura del Cocoricò di Riccione, il nome di Giusy torna a galla anche per una canzone dello scorso anno, «La bevanda ha un retrogusto amaro», proprio sugli stupri in discoteca: «L’ho scritta a Londra assieme al produttore Yoad Nevo», ricorda lei, «per parlare ai giovani che vivono la realtà delle discoteche dove spesso si verificano episodi di violenza sessuale a causa dell'assunzione inconsapevole di droga».



Una tematica sempre attuale.

«Come autrice ero alla ricerca di qualcosa di coraggioso e le sonorità new wave, post punk, di quel pezzo su cui stavo lavorando mi hanno stimolata a parlare di queste violenze in discoteca».



C’è stato qualche fatto scatenante?

«Sì, un servizio delle Iene su Italia Uno in cui un attore metteva della droga nel bicchiere di una complice nell’indifferenza di quanti stavano lì attorno. Lei faceva finta di sentirsi male, ma solo un paio di persone si attivavano per prestarle soccorso, tutti gli altri continuavano a farsi i fatti loro».



Duro, ma emblematico.

«Sì, soprattutto oggi che girano delle metamfetamine sempre più potenti e letali».



Come se ne esce?

«L’aiuto, più che dall’esterno, deve arrivare dalla scaltrezza dei ragazzi che frequentano i locali: bisogna rimanere vigili, tenere d’occhio i bicchieri, non lasciarli scoperti, e stare il più possibile in gruppo».



In gruppo, perché?

«Sì perché divertirsi piace a tutti e in un gruppo è più facile trovare a fine serata uno, due, amici sobri che riportano a casa tutti. Una regola facile facile che andava bene ai tempi in cui ero ragazzina io e che, penso, va bene pure oggi».



Perché?

«L’importante è capire in tempo i rischi e cercare di neutralizzarli”.



E la politica che fa?

«Le leggi più o meno restrittive servono a poco; serve molto di più stimolare nei ragazzi coscienza e consapevolezza, perché alla fine è la lucidità a salvarti la pelle».



Che cosa c’è nel suo futuro?

«Tanta voglia di scoperta. Mi piacerebbe guardare al rock alternativo italiano, che ho sempre seguito. A cominciare da Afterhours e Marlene Kuntz».