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Le strategie per l’Ucraina che dividono i Paesi Ue

di Romano Prodi
Articolo riservato agli abbonati
Domenica 29 Gennaio 2023, 00:00 - Ultimo agg. : 07:00
4 Minuti di Lettura

Nell’escalation della guerra di Ucraina siamo arrivati alla settimana dei carri armati. Da un lato non si tratta di un fatto nuovo perché, da mesi, assistiamo all’uso di armi sempre più sofisticate e offensive: cannoni, semiblindati, missili, antimissili, droni e… anche tanti carri armati di produzione sovietica adottati da entrambi i contendenti. Nel caso in esame si tratta però di una fornitura all’Ucraina dei tank più moderni prodotti in Occidente, con un significato strategico e politico del tutto nuovo. In primo luogo per il dibattito politico che la decisione ha provocato. Una decisione totalmente in mano tedesca dal punto di vista tecnico perché i Leopard 2 germanici sono prodotti in grande numero, adottati da molti Paesi europei e, scrivono gli esperti, singolarmente adatti alla guerra di Ucraina perché sofisticati, efficienti, meno complessi da manovrare e facilmente riparabili.

È utile tuttavia tenere presente che il governo tedesco si è rifiutato di consegnarli e ne ha posto il veto alla consegna anche da parte degli altri Paesi europei, fino a che non è arrivato l’impegno americano di inviare in Ucraina i propri modernissimi Abrams, anche se reputati inadatti al conflitto in corso e, soprattutto, disponibili solo a fine d’anno. Il significato è chiaro: la Germania, come ogni Paese europeo, non può e non vuole presentarsi di fronte alla Russia senza avere a fianco gli Stati Uniti. Siamo, come sempre, in presenza di una politica militare occidentale, ma non europea.

Nel caso in questione si tratta di una fornitura fra cento e duecento carri armati moderni ed efficienti, ma certamente pochi di fronte alle migliaia già in dotazione dei due contendenti, con un’ovvia supremazia numerica da parte russa. Questo passo resta tuttavia estremamente importante per la decisione tedesca di impegnarsi solo a fianco degli americani anche nel campo specifico dei carri armati che, dato il suo passato, assume per la Germania un importante significato simbolico.

In secondo luogo, le consegne dei carri armati così rallentate nel tempo mandano il messaggio che la guerra sarà ancora molto, molto lunga. Lo stesso Capo di Stato Maggiore americano ha infatti dichiarato che quest’anno sarà ben difficile “cacciare le truppe russe dal territorio ucraino”, sottintendendo che la fornitura dei tank è un gesto storico, ma non certo decisivo dati i lunghi tempi di consegna e i limitati volumi in questione.

Un’ulteriore conseguenza è che Zelensky, come era prevedibile, ha immediatamente alzato la posta, mettendo sul tavolo l’invio di missili a più lunga portata e una richiesta di cui non si era ufficialmente parlato fino ad ora: la dotazione dei più moderni e diffusi aerei da combattimento (gli F16) il cui costruttore americano si è dimostrato naturalmente pronto a procedere rapidamente alla consegna o in modo diretto o facendoli transitare attraverso la Polonia o i Paesi baltici.

Finora non vi è stato nessun segnale di accettazione di queste richieste da parte occidentale, data la consapevolezza che questo ulteriore passo in avanti dell’escalation militare renderebbe assai più probabile un tragico scontro diretto (voluto o incidentale) fra la Russia e la Nato. Tuttavia non vi è stata ancora alcuna discussione su cosa si debba fare in futuro, se vi sia un limite entro cui convenga fermarsi riguardo al sostegno militare e quali conseguenze le nostre decisioni possano provocare. Certo non dobbiamo mai dimenticare chi è stato l’aggressore e chi l’aggredito e dobbiamo agire in conseguenza. Dobbiamo tuttavia anche pensare che vi dovrà essere un futuro e che questo futuro deve essere preparato. E’ infatti impressionante rendersi conto che da mesi si parla solo di guerra e di armamenti, mentre non ha preso forma nessuna ipotesi di trattativa di pace. Eppure la storia ci insegna che ogni conflitto è sempre stato affiancato dal lavoro della diplomazia che, nel caso della guerra di Ucraina, è stato incredibilmente messo al margine. Talmente al margine che non ha potuto proporre neppure una tregua natalizia, che pure era stata auspicata da tante voci autorevoli, a cominciare dall’inascoltata supplica di papa Francesco.

L’inizio di ogni dialogo e di ogni trattativa deve essere tuttavia accompagnato da una riflessione sull’obiettivo che ci si propone dopo tanti mesi di una così tragica guerra. Da parte ucraina e da parte russa l’obiettivo è ancora la vittoria totale, indipendentemente dalle tragedie e dalle vittime che essa comporterebbe. Da parte occidentale vi è un concorde e fortunatamente condiviso sostegno all’Ucraina. Tuttavia per alcuni Paesi, come Germania e Francia, sembra prevalere il disegno di preservare il più possibile l’integrità dell’Ucraina soprattutto arginando l’aggressione russa. Per altri, come la Polonia, i Paesi Baltici e gli stessi Stati Uniti, sembra prevalere il disegno di aiutare l’Ucraina a vincere, sconfiggendo una volta per tutte la Russia, anche se rimane la drammatica incertezza sul prezzo che l’umanità potrebbe pagare per raggiungere quest’obiettivo. La discussione che si sta aprendo in Occidente su quali armi fornire all’Ucraina, dopo l’avvenuto accordo sui carri armati, non può non tenere conto di questa non proclamata ma profonda differenza fra i Paesi occidentali. E si dovrà comunque arrivare a riconoscere che solo la diplomazia e il dialogo possono raggiungere l’obiettivo di una futura convivenza, certamente difficile ma, in ogni caso, raggiungibile senza moltiplicare le tragedie fino ad ora provocate da questo insensato conflitto. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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