Pandemia climatica senza vera reazione

di Erasmo D'Angelis
Venerdì 19 Agosto 2022, 00:00 - Ultimo agg. 07:19
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La “pandemia climatica” con le sue immagini di devastazioni è sotto i nostri occhi, mostrando la realtà drammatica di una Italia sfregiata da stati di emergenze. Dall’incendio di Pantelleria a un centro-nord sferzato da raffiche di vento a 140 km all’ora, con due morti in Toscana, molti feriti, situazioni di panico e terrore per alberi divelti, mareggiate in Liguria, tetti scoperchiati in Emilia Romagna e Lombardia, e a Venezia per la caduta di frammenti dal Campanile di San Marco.

Siamo un Paese hot spot di eventi climatici estremi, più di altri per condizioni geografiche e orografiche esposto ai colpi di un clima sempre più caldo e con rischiosità dovute anche alla “mano dell’uomo” sia per follie urbanistiche e occupazioni di aree naturali e fragili sia per la disperante assenza di opere e interventi di manutenzione, prevenzione, difesa.

L’Italia è terra di sempre più frequenti uragani come cicloni tropicali, di piogge “esplosive” con alluvioni-lampo, di micidiali frane e la novità dei distacchi dai ghiacciai in fusione, di furiosi incendi, tempeste di vento e trombe d’aria, mareggiate, e dove i giorni di siccità sono passati negli ultimi venti anni da una media di 40 a 150. La Protezione Civile conta oltre un evento estremo ogni santo giorno dall’inizio dell’anno, con il terrificante raddoppio sul 2021, il che indica per i climatologi una progressione ormai “ordinaria”.

I primi sette mesi stanno proiettando questo 2022 come l’anno più caldo di sempre, prigioniero di “gabbie di calore” premature e perduranti, con un luglio che ha fatto toccare i 2,26 gradi sopra la media. Ma questa anomalia climatica è accompagnata non solo dal dolore per le vittime tra gli anziani per “colpi di calore”, ma anche dalla siccità più dura del secolo con danni per circa 10 miliardi di euro in agricoltura e in allevamento e per aree in crisi idropotabile; da incendi dolosi e colposi innescati da terroristi dei roghi (da giugno ben 1.950 e hanno incenerito 27.883 ettari, con costi stimati per oltre 10.000 euro ad ettaro per spegnimento e bonifiche). E ci vuol poco a capire che il trend climatico in corso crea un nuovo set di emergenze del global warming che saranno sempre più ordinarie e sempre più frequenti da territorio front line della crisi climatica nel Mediterraneo, e questo significa fare i conti oggi con nuovi problemi da gestire, come i 20.000 ettari di campi agricoli lungo la costa ormai desertificati e in abbandono per mancanza di infrastrutture irrigue e per l’avanzata del cuneo salino in risalita dal mare che rende salmastre le falde dolci. 

Ma cosa altro deve ancora accadere per far partire una reazione corale che spinga all’azione soprattutto la politica? Cosa aspettano partiti e coalizioni ad inserire la concretezza dei grandi temi dell’adattamento delle aree urbane agli effetti del clima? L’urgenza della maggiore consapevolezza di noi cittadini sui comportamenti da adottare? Il lavoro costante per portare a cantiere le circa 12.000 opere previste contro il dissesto idrogeologico? Per un “piano acqua” contro le siccità? Finora sono i grandi assenti nel dibattito pubblico in questa apertura di campagna elettorale.

Certo, le soluzioni hanno tempi lunghi, spesso vanno oltre i mandati elettorali e la durata dei governi, ma questo non giustifica il “meglio tenersi alla larga”. La politica ha l’obbligo di evitare lacrime di coccodrillo e la regola delle grandi emozioni dopo ogni evento seguite dalle grandi rimozioni delle cause, e da zero interventi di prevenzione e difesa.

Basta con il paradosso di avere le risorse ma di non saperle investire, come dimostra l’ultimo clamoroso caso della scomparsa dal Pnrr di quasi tutti gli 8.2 miliardi di euro inizialmente previsti e predisposti dal 2018 per contrastare il dissesto idrogeologico e rendere le aree franose (620.000 frane, i due terzi dell’intera Ue, sono italiane) e allagabili meglio difese e resilienti. Se l’ultimo rapporto dell’Ispra mostra un mosaico di aree nel 94% dei Comuni a rischio frana, alluvione o erosione costiera dove vivono circa 12 milioni Italiani, nel silenzio generale due mesi fa quei fondi sono stati quasi tutti destinati dal Ministero dell’Economia ad altri settori. Motivo? La mancanza di progetti e di strutture operative in grado di occuparsene. E questo nell’anno in cui stiamo subendo i peggiori eventi meteoclimatici e dovremmo prepararci per far fronte a impatti a cascata. 

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