La svolta buona
del club più forte

di ​Gianfranco Teotino
Martedì 17 Settembre 2019, 00:00
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Potrebbe essere la svolta buona. Finalmente si intravvede la possibilità di liberare le curve degli stadi italiani dall’occupazione dei gruppi malavitosi che hanno irrimediabilmente inquinato il fenomeno ultras. L’aspetto più importante dell’indagine che ha portato all’arresto e all’incriminazione di numerosi capi bastone degli storici club estremi del tifo bianconero e i loro referenti, è rappresentato dal fatto che la denuncia sia partita proprio dalla Juventus.
La polizia di Torino ha individuato una vera e propria associazione a delinquere che stava ricattando il club bianconero. Esattamente da quando i dirigenti della Juventus hanno deciso di interrompere tutti i vantaggi concessi ai gruppi ultrà in merito alla concessione di biglietti, che poi venivano in gran parte rivenduti, e alla attribuzione dei posti allo stadio. Secondo le conclusioni dell’indagine, a quel punto i capi ultrà avrebbero cominciato a mettere in atto “strategie criminali” per ottenere il ripristino dei privilegi cancellati. La minaccia più comune era di lanciare cori razzisti durante le partite in modo tale da far multare la società fino ad arrivare alla squalifica dello stadio. Per non parlare delle violenze nei confronti di spettatori che venivano costretti a non occupare i posti da loro legittimamente acquistati. Ricorderete che alcune polemiche erano sorte mesi fa in merito ai comportamenti un po’ evasivi della Juventus in occasione di un’altra indagine della Digos, quella relativa alle infiltrazioni della criminalità organizzata, ‘Ndrangheta, nella tifoseria bianconera. Ebbene, forse anche perché scottata da quegli attacchi, la Juventus stavolta ha radicalmente cambiato atteggiamento, chiedendo essa stessa l’apertura dell’indagine e poi collaborando attivamente, come hanno spiegato gli inquirenti, al suo svolgimento.
Era ora. Si tratta di un’iniziativa in pratica senza precedenti. In questi anni soltanto Lotito si era pubblicamente ribellato allo strapotere degli ultrà della Lazio che precedentemente al suo arrivo avevano addirittura una sorta di delega alla gestione di tutto il merchandising biancazzurro. Una rottura di rapporti che gli costò minacce private così serie da richiedere una protezione personale. Anche se negli ultimi tempi il patron della Lazio ha fatto una mezza marcia indietro, ricucendo in qualche modo i rapporti con Irriducibili e dintorni. Ma adesso l’aria sta cambiando.
Se è vero che l’occupazione delle curve e il ruolo dei gruppi ultrà spesso rilevante addirittura nelle scelte strategiche delle società costituiscono uno dei problemi principali, addirittura una delle cause della crisi di competitività del calcio italiano, la denuncia della Juventus rappresenta un salto di qualità nei comportamenti virtuosi. E’ un atto concreto che assume maggiore valore pure rispetto alle prime manifestazioni pubbliche di insofferenza venute da altre società. Soprattutto da quelle con proprietà straniera. Americana, in particolare, in quanto portatrice di principi di etica sportiva molto radicata. In principio era stato Pallotta a ribellarsi alle ingerenze degli ultrà della Roma. Più recenti le parole accorate di Commisso, alle prese, appena arrivato, con gli odiosi cori di parte della curva fiorentina. Con analoga se non maggiore decisione, De Laurentiis non si è mai piegato a ricatti e minacce, anzi. Non altrettanto si può dire di un’altra proprietà straniera, quella cinese dell’Inter, che non ha avuto la forza di condannare apertamente il delirante comunicato della Curva Nord nerazzurra, con cui si invitava Lukaku ad accettare i buu razzisti in quanto non razzisti, né a prendere posizione contro gli stessi gentiluomini autori di minacce fisiche a Icardi, per convincerlo a lasciare Milano.
C’è la speranza che il nuovo, deciso atteggiamento della Juventus, possa ridare coraggio ai tanti don abbondio ai vertici delle società calcistiche italiane. Incapaci persino di ribellarsi al razzismo diffuso, che sta diventando colonna sonora di buona parte delle partite di Serie A, e non solo. Ultimo caso domenica a Verona, dove anziché condannare i cori contro Kessié e gli insulti a Donnarumma, il club gialloblù è arrivato persino a negarli con una insistente campagna social diretta. Un nuovo modo, tecnologicamente avanzato, per coprire abitudini tristemente antiche in quello stadio. Vediamo se anche stavolta il giudice sportivo, come già accaduto per quanto successo a Lukaku in Cagliari-Inter, si comporterà, lui sì, come le famose tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.
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