La vacanza nello spazio
​e la conquista del futuro

di Massimo Capaccioli
Domenica 24 Ottobre 2021, 00:00 - Ultimo agg. 08:00
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Chissà quante volte avente chiesto o vi siete sentiti chiedere: dove vai in vacanza quest’anno? E chissà quante volte vi hanno risposto o voi avete detto, con un pizzico di rammarico: da nessuna parte, perché ho finito i soldi. Oppure, con gli occhi brillanti di gioia: mi sono regalato una crociera coi fiocchi ai Caribi. O ancora, più banalmente: andrò al mare, in campagna o in montagna. Ma nessuno vi ha ancora sbalordito comunicandovi di aver prenotato una vacanza su un’astronave. Eppure l’agenzia viaggi per turisti spaziali ha aperto i battenti già da una trentina di anni, in punta di piedi e per gente molto danarosa o fortunata, con la fondata speranza di incrementare gli affari. C’è voluto tempo, ma oggi qualcosa di nuovo sta succedendo davvero.

È di questi giorni la notizia che quattro coraggiosi americani hanno affrontato da soli, senza nemmeno l’assistenza di un astronauta professionista, la permanenza in orbita terrestre bassa e hanno poi fatto ritorno sulla terra sani e salvi con un sacco di cose da raccontare agli amici nelle sere d’inverno. La loro missione è iniziata alle 2 di notte del 16 settembre scorso, quando il razzo Falcon 9 del super-visionario Elon Musk è decollato dal Kennedy Space Center, in Florida, per portare nello spazio la Crew Dragon “Resilience”. Lo storico evento è stato trasmesso in diretta streaming su YouTube. Tre giorni in orbita intorno al pianeta, a un’altezza di 575 chilometri, oltre la quota a cui vola la Stazione spaziale internazionale, per poi rituffarsi nell’atmosfera e ammarare con l’aiuto di giganteschi paracadute al largo costa est degli Stati Uniti. A capeggiare l’avventura un imprenditore miliardario, che ha promosso l’iniziativa con l’intento di raccogliere fondi per il St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis. Con lui un ingegnere aerospaziale, veterano dell’Air Force, e due donne (per una perfetta parità di genere): una geologa e divulgatrice di scienza con funzioni di pilota e un’infermiera ventinovenne sopravvissuta al cancro alle ossa.

Tutti astronauti dilettanti, ma non mandati scriteriatamente allo sbaraglio. Ancora i tempi non sono maturi per trattare i viaggi nello spazio come semplici gite fuori porta. Oltre agli esami medici per escludere complicazioni durante il volo e a un minimo di formazione per imparare a gestire la navicella in situazioni d’emergenza, è indispensabile abituare i potenziali viaggiatori alla difficile condizione dell’assenza di peso. Da sempre gli uomini sono abituati a convivere con la gravità terrestre. Il nostro organismo ha imparato a gestire il peso con muscoli e ossa e ad usare l’attrazione esercitata dalla Terra per mantenersi in equilibrio. Toglierci la forza di gravità significa spegnere gli strumenti su cui abbiamo fondato l’esistenza per milioni di anni. Si può fare, ma bisogna abituarvisi.
In pratica, come avviene questa paventata perdita di peso? Per capirlo immaginiamo di cadere liberamente da una grande altezza trascurando gli effetti frenanti dell’aria. Durante il volo, che ahimè si concluderà tragicamente quando toccheremo terra, ogni parte del nostro corpo è soggetta alla medesima accelerazione. L’esposizione alla forza gravitazionale è la medesima di quando abbiamo i piedi ben saldi al suolo ma in caso di caduta manca il vincolo. Il cellulare che ci pesava nel taschino della camicia, sgualcendola, precipiterà come noi soggetto alla medesima forza e dunque non ci peserà più, ridando bella forma al nostro abbigliamento. E non peseranno nemmeno gli otoliti nel nostro orecchio, ossia quei granelli che, con la loro reazione alla gravità, ci consentono di “sentire” la verticale. Ecco spiegata l’assenza di peso. Ma per produrre questo strano effetto, non è necessario un tuffo suicida. Lo sperimentano, per esempio, in tutta sicurezza gli aviatori quando, per allenamento, mettono il velivolo in picchiata, esponendo per una ventina di secondi se stessi e i passeggeri all’assenza di peso, poi interrotta da un progressivo recupero dell’assetto di volo per evitare una brutta fine.

Se la cosa vi intriga, con poche migliaia di euro potete cavarvi la soddisfazione e provare di persona questa innaturale condizione acquistando un buono per una ventina di tuffi a ripetizione.

Si intuisce che l’assenza di peso riguarderà anche il volo inerziale nello spazio, quando la spinta dei razzi cessa e la navicella avanza spendendo la velocità che ha acquisito grazie ai propri motori. Ma esiste un altro modo per “spegnere” localmente la gravità a lungo senza allontanarsi troppo da casa: collocarsi in orbita attorno alla Terra, come fece per la prima volta 52 anni fa Jurij Gagarin per un’ora e 48 storici minuti. Per ricavare questa condizione bisogna portare una navicella a sviluppare con il proprio movimento una reazione uguale e contraria alla forza di attrazione gravitazionale. Sembra una cosa difficile da intendere ed invece è semplicissima. Pensate alla Luna che non cade sulla Terra perché gli gira attorno con la velocità adatta alla sua distanza. Lo stesso vale per la Terra con riferimento al Sole e per tutti gli altri pianeti, quelli come Mercurio che rivolgono rapidi perché prossimi alla stella e quelli come Nettuno che possono battere la fiacca perché lontani. Ora, ciò che la natura realizza, può essere rifatto utilizzando i potenti motori dei razzi spaziali, mettendo in orbita (ossia in una situazione di equilibrio dinamico) una scatola di latta contenente eventualmente alcuni esseri umani. Si tratta di raggiungere la velocità adeguata all’altezza programmata e di orientare il moto (per semplicità) in direzione perpendicolare alla verticale. Così il gioco è fatto. È in questo modo che si regge la Stazione spaziale internazionale e che volano sulle nostre teste senza cadere gli innumerevoli satelliti che fanno da sponda nelle telecomunicazioni o che ci spiano. Così avvenne per lo Sputnik, che dopo tanto girare precipitò avendo perso l’abbrivio a causa dell’attrito con la residua atmosfera, e per le Vostok della povera cagnolina Laica, prima vittima certa dell’era spaziale, e del giovane eroe Gagarin. E così avvenne anche per la prima donna spedita in orbita terrestre, Valentina Tereshkova. Il suo volo doveva durare poche ore, ma a causa di problemi tecnici venne allungato a tre giorni, durante i quali la coraggiosa cosmonauta ebbe terribili crisi di equilibrio: segno di un addestramento frettoloso se non di una scarsa attitudine al volo in assenza di gravità.

Oggi il problema del male da spazio è lo stesso di allora, ma le tecniche di preparazione degli equipaggi hanno fatto passi da gigante, per cui ci si può permettere di imbarcare con un minimo di training gente che non ha nulla a che vedere coi supermen dell’eroica stagione della corsa alla Luna: a partire dai ricconi che, avendo sperimentato tutto, vogliono togliersi anche questo sfizio. Per loro i vari Musk, Besos ecc. stanno confezionando degli speciali pacchetti vacanze, salatissimi e ancora marginalmente rischiosi. Sono solo i primi passi di una nuova stagione dei voli spaziali che ha visto l’ingresso di privati interessati a sfruttare le nuove opportunità in un settore sino a poco fa ad appannaggio esclusivo delle agenzie governative dei grandi Paesi e ovviamente dei militari. Che c’è da guadagnarci? Il controllo del futuro. Così, per scaldare i muscoli, si bandiscono esclusive crociere spaziali. Ma il futuro incalza. Prepariamoci dunque all’imbarco anche noi, poveri e normalissimi mortali. Tra non molto, le condizioni e i costi saranno tali da farci sognare una gita a molte centinaia di chilometri sopra la vecchia Terra, se non addirittura, come Musk ha promesso, sulla Luna e su Marte. E allora … meno tre, meno due, meno uno … buon viaggio!

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