Lotta alle mafie, il male oscuro dell’indifferenza assale la scuola

di ​Fabrizio Coscia
Martedì 20 Febbraio 2024, 00:00 - Ultimo agg. 06:03
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«La mafia uccide, il silenzio pure» diceva Peppino Impastato. E «parlate dovunque di mafia» esortava Paolo Borsellino. Appelli che, a quanto pare, rischiano di rimanere inascoltati proprio lì dove dovrebbero essere raccolti più che in ogni altro luogo, ovvero nella scuola. Almeno a giudicare dai risultati del questionario «Mobilitiamoci contro la camorra» diffuso tra circa diecimila studenti di Napoli e provincia.

Il dato che più colpisce del sondaggio voluto da Il Mattino, Radio Marte e Regione Campania con il deputato Borrelli, infatti, è quello relativo alla domanda: «Quanto si parla di criminalità giovanile a scuola?». La risposta, allarmante, è stata: «poco» (56%) e «per niente» (28%) contro un esiguo «abbastanza» (16%). Considerato che criminalità giovanile e criminalità organizzata, a Napoli, sono due facce della stessa medaglia, si può capire quanto questa risposta non sia per nulla da sottovalutare. Come è possibile, dunque, che nelle scuole non si parli abbastanza o non si parli per niente di criminalità giovanile? Che proprio ciò che dovrebbe rappresentare un importante presidio della legalità sul territorio e, in alcuni territori, l’unico presidio esistente, non contempli il discorso sulla devianza minorile come un tema centrale? 

Se davvero il dato corrisponde alla realtà delle cose - e non c’è alcun motivo per credere il contrario - appare evidente che andrebbero fatte delle opportune riflessioni. Soprattutto, poi, se questo dato si incrocia con altri due: quell’eccessivamente alto 27,9% che non ritiene sia da condannare l’omertà e quel consistente 64,8% che si dichiara non interessato a far parte del comitato studentesco campano anticamorra. 

Sono tre aspetti di un medesimo problema. Se non si parla di criminalità ai giovani si rischia non solo di far passare il messaggio, pericolosissimo, che il silenzio, l’omertà siano legittimi, o meglio una legittima difesa, ma anche di accrescere il disinteresse verso la lotta alla camorra. Se volessimo raggruppare in un unico sostantivo queste tre questioni potremmo farlo con la parola «indifferenza». 

Indifferenza attestata dall’impressionante dato del 90,2% degli studenti che non ha mai fatto parte di qualche associazione.

Anestetizzati dall’abuso del virtuale (il 29,6% ritiene di poter esprimere le proprie opinioni sui social), niente appare più alieno da questi studenti di uno spazio di confronto reale come, appunto, il comitato studentesco campano anticamorra. È da qui che occorre partire per lavorare nella giusta direzione, se vogliamo che i risultati di questo sondaggio aiutino a migliorare la situazione che fotografano. 

Non basta la giornata della legalità o la commemorazione delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Bisogna fare in modo che la cultura dell’antimafia diventi parte della formazione stessa dello studente, dalle scuole elementari fino al diploma, con programmi stabiliti a livello ministeriale, con percorsi, progetti, iniziative da svolgere in sinergia tra famiglie, studenti, docenti, educatori e rappresentarti delle istituzioni. 

Parlare di criminalità giovanile è un dovere civico degli insegnanti che non può essere trascurato ed è inutile sottolineare che la migliore pedagogia è sempre l’esempio. Se l’indifferenza proviene prima di tutto dalle istituzioni come possiamo condannarla nei giovani? 

In questo senso i docenti svolgono un ruolo fondamentale e hanno una responsabilità enorme nei confronti dei loro alunni. Lo Stato sia presente dunque nei luoghi dove la criminalità giovanile è più radicata e la scuola stessa non dimentichi mai d’essere un laboratorio permanente di legalità, attraverso l’inclusività e la lotta alla dispersione, certo, e il rispetto delle regole - regole giuste, equilibrate, volte alla condivisione di diritti e doveri - ma soprattutto attraverso la parola, il rifiuto del silenzio. Solo così gli studenti potranno educarsi al confronto attivo e formarsi all’idea fondamentale che l’istruzione e la cultura sono le armi più efficaci contro le mafie. 

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