Il centrodestra senza idee ​che perde tempo solo a litigare

di Francesco Barbagallo
Giovedì 3 Dicembre 2020, 00:00 - Ultimo agg. 07:00
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La Destra di Lauro sgovernò Napoli a metà del secolo scorso. Il centro-destra non ha mai più amministrato questa città. E non sembra oggi in grado di fornire un’alternativa alle confuse prospettive dei variegati schieramenti contrapposti. Anzitutto non sembra più esistere nemmeno uno schieramento di centro-destra. 

È impressionante lo sfarinamento di Forza Italia, i cui residui esponenti passano il tempo a polemizzare tra loro, non disdegnando di scambiarsi reciproci insulti. Il culmine della confusione è raggiunto nell’atteggiamento verso la periclitante amministrazione De Magistris. C’è chi vuole abbatterla e chi intende fornirle una ciambella di salvataggio, se non altro per far dispetto a De Luca. Il coordinatore regionale e la capogruppo nel Consiglio regionale capeggiano baldanzosamente i fronti opposti. Mentre i fratelli Martusciello lanciano proclami romani, svillaneggiati da chi si gloria di combattere nella ridotta partenopea.

Eppure un centro-destra espressione di più robuste energie locali avrebbe consistenti possibilità di opporre programmi di normale amministrazione e addirittura progetti di trasformazione e di innovazione dell’area metropolitana, vista la sostanziale ignavia dimostrata al riguardo dalle amministrazioni di centro- sinistra negli ultimi decenni.

Dai primi anni ’60 del Novecento Napoli è sempre stata amministrata dal centro-sinistra, seppur nelle più variegate formazioni. Un bilancio storico di questo sessantennio non può certo definirsi esaltante. Le prime amministrazioni di centro-sinistra continuarono il sacco della città avviato da Lauro, mentre il centro-sinistra di La Pira e dell’assessore socialista Detti salvavano le colline di Firenze dalla speculazione edilizia.

Poi si ricordano l’onesta amministrazione del sindaco Valenzi al tempo del terremoto e della nefasta ricostruzione. Quindi la buona amministrazione nel tentato rinascimento del sindaco Bassolino, durato troppo poco.

Il resto è silenzio. L’abbandono e le ruberie di Bagnoli gridano vendetta al cielo. Lo stallo dell’area orientale dura anch’essa da decenni, eccetto qualche meritoria iniziativa dell’Università Federico II. 

Il centro antico più esteso d’Europa è abbandonato, ravvivato ora soltanto dal culto del murale di Maradona. Negli ultimi decenni è mancato qualsiasi dibattito, confronto, proposito sul futuro di Napoli. E purtroppo si continua sulla stessa strada. Tutto si riduce all’indicazione di nomi, di personalità anche di valore. Ma non si affaccia alcuna idea, proposta, progetto per delineare un futuro decente per questa città, che resta una metropoli decadente sulle sponde del Mediterraneo. Eppure i cambiamenti stanno trasformando profondamente il mondo in questo XXI secolo. Certo ora siamo bloccati dal Covid. Ma dovremo pur risorgere da questo disastro. E Napoli dovrebbe finalmente svolgere un ruolo importante al centro del Mediterraneo, che ha di recente riconquistato una centralità perduta cinque secoli fa con la scoperta dell’America e con le rotte atlantiche. Il centro del mondo si è ora spostato in Asia, nell’Estremo Oriente. E da qui i traffici con l’Europa passano per il Mediterraneo.

L’integrazione crescente dei mercati richiede sempre più efficienti sistemi di comunicazione. È questo il futuro di Napoli, tutto da costruire intorno a un grande sviluppo della moderna logistica, intesa come integrazione di efficienti infrastrutture di trasporto e di servizi, specie riguardo alle connessioni tra le diverse modalità: ferrovie, porti, autostrade, aeroporti. Bisognerà concentrare su progetti di sviluppo di questa portata i prossimi contributi del Recovery Fund, evitando di disperderli a pioggia. E per questo servono politici e amministratori di grande spessore.

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